Ferma presa di posizione per salvaguardare e potenziare i livelli assistenziali dell’Ospedale San Giuseppe e Melorio: i sindaci di Santa Maria Capua Vetere, San Prisco, San Tammaro, Curti e Macerata Campania si sono incontrati, nei giorni scorsi, con il direttore generale dell’Asl Caserta per essere interpreti delle forti preoccupazioni delle popolazioni amministrate ed esprimere il forte allarme sociale per l’attuale scarsa risposta dell’Azienda Sanitaria alla pressante richiesta di assistenza sanitaria delle popolazioni dell’ampio bacino di riferimento del presidio sammaritano, che travalica di molto l’area dei Comuni rappresentati.
La preoccupazione dei sindaci – esplicitata in un articolato documento consegnato ai vertici dell’Asl – sembra essere stata recepita dal direttore generale Paolo Menduni, il quale ha assicurato il suo impegno nella direzione auspicata dai rappresentanti dei cittadini.
In particolare, nel documento si legge tra l’altro che all’Asl Caserta “spetta il compito, con una politica equa ed equilibrata, di garantire livelli assistenziali quanto meno sufficienti e, comunque, di potenziare e non già svilire realtà sanitarie di sicura efficienza e utilità”.
Dopo aver sottolineato che l’ospedale di Santa Maria Capua Vetere serve un bacino di utenza che travalica lo stesso distretto di competenza e che assume di fatto la funzione di “ospedale di prima linea”, i cinque sindaci stigmatizzano il “depauperamento” continuo e costante delle risorse umane e non solo, di cui è stato oggetto il “San Giuseppe e Melorio”.
Nel documento, inoltre, vengono evidenziate talune carenze e criticità e si pongono alcune specifiche richieste: l’insufficienza del personale (ad esempio, mancano ben 23 operatori socio-sanitari, con conseguente super-lavoro da parte del personale infermieristico già ridotto al lumicino a causa di trasferimenti inopinati); la mancata sostituzione di ben sette medici andati in pensione e di altri due medici trasferiti in altre strutture; il crollo dei servizi di vigilanza e portineria; la sospensione dell’attività di geriatria per mancanza di personale; la ridotta operatività dell’unità di oculistica e addirittura il rischio che importanti attrezzature del reparto vengano spostate in altri ospedali; il mancato acquisto della Tac 64 strati, che sarebbe destinata a una unità operativa, quella di radiologia, che si segnala per la sua alta professionalità, riconosciuta anche in strutture di eccellenza extra-regionali; la restituzione di ortopedia, relegata, allo stato, al solo e ristretto servizio ambulatoriale; il potenziamento di urologia e senologia, quali branche della chirurgia che, comunque, deve poter aumentare i suoi posti letto, anche per soddisfare non solo i numeri privilegiati dalla Regione, ma soprattutto la domanda degli utenti.
“Non è possibile – affermano i sindaci – considerare l’ospedale di Santa Maria Capua Vetere quasi come una cava o una miniera dove attingere ‘materia prima’ per edificare, e forse anche male, ‘altrove’. Questo non solo offende le comunità da noi rappresentate, ma tradisce il sano spirito della diligenza del buon padre di famiglia”.
I primi cittadini hanno anche chiesto un confronto sul Piano aziendale, atto primario della gestione e organizzazione della sanità sul territorio, che non può essere sottratto alla valutazione delle istituzioni locali, sempre che da parte dei vertici sanitari aziendali non si preferisca dare uno schiaffo alla democrazia e optare per una gestione autarchica che non potrà non incontrare la fiera opposizione delle amministrazioni locali.
I sindaci hanno infine preannunciato che saranno assunte presso le sedi appropriate altre iniziative, in caso di un atteggiamento indifferente dei vertici dell’Asl, ai quali è stata ribadita la ferma volontà di ampia collaborazione, nel rispetto, però, di un percorso costruttivo a tutela delle popolazioni.