L’Antica
Capua, oggi nota con il nome di S. Maria Capua Vetere, vanta una storia millenaria.
Di fondazione etrusca, ottenne da essi un piano urbanistico regolare, con
strade rettilinee, edifici monumentali ed organizzazione politica e sociale.
Altre popolazioni occuparono il territorio caratterizzandone le sorti, ma da
esse riuscì anche a distinguersi come dimostra la rivolta capeggiata dal
gladiatore Spartaco.
A
favore della città la sua collocazione: occupando un’estesa zona della fertile
pianura campana è stata per lungo tempo luogo di ricovero e villeggiatura per
tutto il periodo imperiale. Molti interventi di abbellimento si attribuiscono a
Tiberio, Nerone, Vespasiano ma soprattutto Adriano che la riportò
all’originario splendore.
Oltre
all’agricoltura, le attività produttive della città erano incentrate
sull’artigianato. Importante la produzione di vasi in ceramica ed in bronzo, la
lavorazione del lino e della lana e la produzione di profumi, la cui vendita
avveniva nella Seplasia, mercato della città.
Purtroppo
gravi stravolgimenti si registrano con le invasioni barbariche, culminanti
nella distruzione saracena dell’841. Dell’epoca finora descritta la città
conserva numerose testimonianze, che hanno consentito una ricostruzione della
città antica, con i suoi monumenti e le sue tradizioni. Di seguito se ne
propone un itinerario significativo.
Arco di Adriano
Detto
anche Arco di Capua, segna simbolicamente l’ingresso trionfale alla città,
posto sull’antica Via Appia, importante via commerciale di collegamento
dall’Urbe fino a Brindisi. La sua costruzione risale, presumibilmente, al 130
d.C., anno i cui si decise di onorare l’imperatore Adriano, particolarmente
legato al luogo, al clima favorevole e all’ospitalità degli abitanti.
Il
monumento originario era a tre fornici ma purtroppo se ne conserva solo uno
intatto, privo delle statue celebrative entro nicchie. Realizzato in opus latericium è alto circa 10 metri e
largo 18 (rispetto ai 25 originari).
Nei
secoli successivi vi fu posta una lapide commemorativa a ricordare la battaglia
del Volturno tra garibaldini ed esercito borbonico (1860).
Anfiteatro
Secondo
in Europa solo al Colosseo, fu costruito tra la fine del I e l’inizio del II
secolo d.C., in posizione strategica lungo la Via Appia. Fu poi arricchito di
statue e colonne da Adriano (117-138 d.C.)
Secondo
quanto tramandano le fonti, l’edificio – alternando momenti di ricchezza a fasi
di stasi – fu utilizzato fino al IX secolo d.C. (storico longobardo
Erchemperto).
Grandi
stravolgimenti si registrano però nel 841, anno in cui Capua fu distrutta dalle
incursioni Saracene.
Tuttavia,
le devastazioni non arrecarono danni seri alla struttura portante ma solo a
decorazioni come statue e plutei. Modifiche consistenti furono dovute, invece,
all’utilizzo che ne venne fatto. Nel XI secolo, mediante la chiusura di alcune
arcate, venne adibito a fortezza da Atanasio, duca di Napoli. Seguì, poi,
un’azione costante di espoliazione di statue, colonne e capitelli che servirono
alla costruzione di chiese e palazzi del circondario.
È
solo grazie a Francesco I di Borbone che gli atti vandalici vennero fermati.
Con regio decreto del 1826, infatti, il sovrano realizzò dei lavori di restauro
dell’edificio che lo fecero ritornare al suo antico splendore.
Secondo
le fonti, l’anfiteatro presentava quattro piani con 80 arcate per piano,
decorate con busti di divinità (al primo) o con statue (al secondo e al terzo).
A chiusura, un attico a parete sulle cui mensole poggiavano le travi utilizzate
per le funi del velarium, il telo che chiudeva l’arena per proteggere dal sole
in occasione degli spettacoli. Oggi si conservano solo i primi due ordini che,
da soli, servono a farci capire quanto fosse imponente la struttura all’epoca.
La
pianta, di forma ellittica, misura circa 140 m. Era dotata di quattro ingressi,
collocati in maniera simmetrica in corrispondenza dei quattro punti cardinali.
L’area
interna, capace di contenere fino a 40.000 spettatori, si presentava
leggermente convessa per permettere il deflusso delle acque piovane. Lungo il
suo perimetro, troviamo un alto muro, il podio, sul quale in origine veniva
eretta la rete di protezione per gli spettatori. È proprio dal podio che si
aprono gli ingressi ai sotterranei. Sono tuttora la parte più suggestiva
dell’anfiteatro. In origine erano utilizzati per immagazzinare le attrezzature
di spettacolo e per ospitare gli animali in attesa dell’esibizione.
Come
consuetudine, l’ingresso all’anfiteatro in occasione di spettacoli e feste era
gratuito, ma la collocazione in esso avveniva in base alla classe sociale: le
donne nella loggia coperta, il popolo in alto e senatori e magistrati nei posti
più vicini all’arena.
La costruzione di un anfiteatro è fortemente legata
alle abitudini dei popoli campani che davano grande importanza ai giochi
gladiatori. Non a caso l’Antica Capua è ricordata per la presenza della scuola
di Lentulo, tra le più rinomate scuole gladiatorie del mondo romano, menzionata
per la formazione del celebre schiavo ribelle Spartaco (73 a.C.).
Museo dei gladiatori
Ideato
nel 1954, l’allestimento museale occupa l’ex Antiquarium. L’allestimento
interessa gli elementi decorativi superstiti dell’Anfiteatro, fino a quella
data esposti ad incuria ed intemperie nei sotterranei dell’edificio. Le due
sale espositive mostrano, sia alle pareti che mediante vetrine collocate al
centro, sculture dal forte gusto classicheggiante, probabilmente eseguite in
età adrianea (dal 117 d.C.). Si possono dunque ammirare busti e teste,
iscrizioni, frammenti scultorei della decorazione architettonica e calchi di
armi usate da gladiatori rinvenute a Pompei.
Lo
scopo dell’allestimento è quello di fornirci un quadro completo sia
dell’edificio che dell’uso che se ne faceva. Degno di nota in tale senso è il
plastico (Sala I) che ci fornisce un confronto tra lo stato attuale del
monumento ed il suo aspetto originario. Per quanto riguarda, invece, i
combattimenti che venivano organizzati, è possibile averne un’idea attraverso
il diorama (Sala I, vetrina) che simula il combattimento tra belve e gladiatori
all’interno dell’arena.
Piazza I Ottobre
In
un’ottica di miglioramento dello spazio antistante l’anfiteatro, NEL 2009 sono
stati portati avanti lavori di sistemazione e valorizzazione della piazza. Nel
corso dell’intervento è venuto alla luce metà dell’anfiteatro di età
repubblicana, scenario dei combattimenti di Spartaco. La nuova piazza dunque,
ingloba un grande edifico ottagonale, con vasca centrale, in origine usata come
piscina. Lungo il suo perimetro, si possono vedere le basi delle colonne costituenti
il portico che la circondava.
Risale
alla fine del II secolo d.C. il Sacello dedicato al culto del dio Mitra. Originariamente
dio persiano della luce, incarnava le virtù di un soldato romano, allo stesso
tempo guerriero, cacciatore e cavaliere. Spesso è stato associato al dio-sole,
oltre che più propriamente dio dei patti, dell’alleanza tra i popoli e gli
uomini.
Al
Mitreo si entra da una piccola porta, che da accesso ad un unico grande
ambiente rettangolare destinato al culto, con panche laterali riservate ai
fedeli e pareti affrescate con i sette gradi del rito dell’iniziazione.
La
volta di copertura raffigura l’universo e le stelle a otto punte che la
decorano – di colore rosso e blu - sono tutte forate per consentire l’accesso
di luce ed aria.
L’altare
è sistemato sulla parete di fondo che è decorata con un affresco raffigurante
il dio Mitra – con costume orientale e berretto frigio - nell’atto di uccidere
il toro bianco (Mitra Tauroctono), simbolo della vita che si genera dal
sacrificio. L’offerta avviene alla presenza di figure altamente simboliche: il
cane (genio del bene), il serpente (genio del male), il Sole (la cui luce rende
onnisciente il dio), la Luna, l’Oceano e la Terra. Sulla parete opposta,
invece, è ritratta la Luna su di una biga a simboleggiare la morte e la
resurrezione dopo il sacrificio.
Museo archeologico dell’Antica Capua
Inaugurato
nel 1995, l’allestimento occupa un’area nel cuore della città moderna che ha
subito negli anni profonde trasformazioni. Simbolo della struttura
architettonica è l’imponente torre dove, nel 1278, nacque Roberto D’Angiò.
Il
museo nasce dall’esigenza di raccogliere tutti i materiali emersi dai lavori di
scavo nel corso degli anni e l’allestimento segue un criterio cronologico, a
partire dal X sec. a.C. fino all’alto medioevo.
All’interno, dunque, abbiamo la possibilità di ammirare reperti
risalenti all’età del bronzo (provenienti da una piccola necropoli della zona),
all’età del ferro (principalmente corredi funerari), alla cultura arcaica,
etrusca e sannitica. La diversificazione di materiali e culture documentano gli
scambi avvenuti nel tempo con altre popolazioni. È proprio dagli scambi
culturali che nasce nella zona dell’Antica Capua la produzione del bucchero,
tecnica di origine etrusca particolarmente raffinata per la lavorazione
dell’argilla.
Numerosi sono gli oggetti in bronzo, la
cui produzione è strettamente legata alla città come testimoniano i recenti
ritrovamenti (Officina del Bronzo, Via Curri, 1992) che evidenziano la fiorente
attività artigianale dell’Antica Capua.
Officina del bronzo
Emersa
nel 1992, durante lavori di costruzione di un edificio moderno, l’Officina del
bronzo ci fornisce una testimonianza di quelli che dovevano essere i quartieri
artigianali della città antica, oltre che una conferma della fiorente
produzione bronzea nel territorio. Si ipotizza che il luogo – ora costituito da
ambienti sotterranei - veniva all’epoca utilizzato per la realizzazione di
complementi d’arredo in bronzo e rientrava in una struttura più grande fornita
anche di deposito e bottega.
Bottega del Tintore
Rinvenuta
nel 1955, rappresenta un’importante testimonianza di Domus di età repubblicana.
Vi si accede percorrendo una scala coperta da volte a botte che immette
direttamente nelle due stanze pavimentate con mosaici a forme geometriche,
costituito da tessere bianche e nere. La muratura e tutta realizzata in blocchi
di tufo squadrati ma ciò che riveste maggiore importanza sono le iscrizioni dei
mosaici, databili alla prima metà del I secolo a.C. Da esse si evince: il nome
dell’architetto (Tito Safinio Pollione), del proprietario (Publio Confuleio
Sabbione) e la sua professione (venditore di mantelli), confermata anche dalla
presenza di una vasca con pozzo nel primo ambiente.
Criptoportico
Sito
in Corso Aldo Moro, presenta una struttura a tre bracci ad unica navata e con
copertura voltata. Gli ingressi erano
collocati all'estremità del lato interno, scale a due rampe portavano al piano
superiore. Il corridoio era illuminato da ottanta finestre collocate nella
parte interna, mentre trenta nicchie conferivano movimento architettonico al
muro esterno.
La
sua conservazione è legata ad un susseguirsi di eventi che ne hanno in parte
modificato l’aspetto originario. Probabilmente in origine sormontato da un
tempio, ha costituito le fondamenta di un convento seicentesco, poi divenuto
Casa Circondariale ed oggi sede universitaria.
Domus con fontana
Antica
Domus romana sita in Via Bonaparte è conosciuta anche semplicemente come Ninfeo,
dal nome delle fontane che solitamente decoravano il giardino delle case.
Probabilmente
di età repubblicana, oggi abbiamo la possibilità di ammirare una vasca di
notevoli dimensioni con al centro una fontana di forma troncopiramidale.
L’elaborata struttura architettonica lascia immaginare i giochi d’acqua che si
creavano, partendo dallo zampillo centrale per poi scivolare lungo le scalette
laterali. Doveva essere circondata da un peristilio, purtroppo non arrivato
fino ai nostri giorni.
Domus di Via degli Orti
Resa
visibile in seguito a lavori di costruzione nel 1970, si tratta di una domus di
età imperiale. La struttura ci lascia immaginare appartenesse ad un ricco
proprietario, il quale molta importanza diede alla realizzazione della sala da
pranzo e della zona termale, inserita in un ampio giardino porticato con
fontana e ninfeo. Della zona termale si conservano il tepidairium ed il calidarium
le cui pareti erano riscaldate mediante i tubuli, condutture in
laterizio che corrono all’interno del muro. Anche gli ambienti interni si
conservano in buono stato e presentano una pavimentazione in marmo bianco.
Necropoli in Viale Consiglio d’Europa
Testimonianza
di una memoria storica in continua evoluzione, l’ultimo sito di questo
itinerario è di recente scoperta e risale al luglio del 2011. Si tratta di
antichissime sepolture a pozzetto di origine etrusca. Il ritrovamento consente
di ricostruire il rituale della sepoltura e della cerimonia funeraria grazie
alla presenza di vasi, anfore, corredi funebri, nonché due scheletri in ottimo
stato di conservazione.
Itinerario B: Le strade del sacro
In
seguito all’incursione saracena, parte degli abitanti si trasferirono in un
luogo più difeso dalle anse del fiume Volturno, dando vita alla città di Capua.
Tuttavia, la sussistenza di numerose vestigia, consentirono la permanenza di
piccoli nuclei di abitanti gravitanti nelle aree circostanti ai luoghi di culto
dando vita a vari agglomerati rurali definiti casali. È dall’unificazione dei
casali di Santa Maria Maggiore e di Sant’Erasmo che nel 1315 prende vita Villa
Sanctae Mariae Maioris.
Duomo di S. Maria Maggiore
La
chiesa di S. Maria Maggiore fu edificata per volontà di San Simmaco Vescovo nel
432. Le colonne (alcuni dei capitelli sono materiale di spoglio proveniente
dall’Anfiteatro) che scandiscono la navata centrale rimarcano la struttura
originaria ad unica navata e segnano il passaggio all’ampliamento voluto nel
787 da Arechi, Principe di Benevento.
Attualmente
si presenta a cinque navate con numerose cappelle laterali di impronta barocca,
frutto del restauro voluto nel XVIII secolo.
Degna di nota è la cappella di Santa Maria Suricorum, la cui decorazione
si lega al finanziamento ottenuto, secondo l’episodio leggendario, da un
principe guarito dalla lebbra in seguito al suo ristoro di una notte nella
chiesa. Riccamente decorate, le cappelle laterali conservano tele realizzate da
importanti artisti campani, come Giacinto Diano e Francesco De Mura.
La
facciata è più recente, di gusto neoclassico, non distoglie però l’attenzione
dall’imponente campanile, protagonista ogni anno del famoso spettacolo
pirotecnico a chiusura dei festeggiamenti in onore della Vergine Assunta,
manifestazione di grande importanza che fa convergere in città un gran numero
di turisti.
Chiesa della Madonna delle Grazie
La
Chiesa, annessa al convento francescano, sorse sulle rovine della Basilica dei
SS. Stefano ed Agata voluta dal vescovo di Capua Germano nel VI secolo. Poiché
nel corso dei secoli il luogo si distinse come meta di pellegrinaggi da parte
dei fedeli, agli inizi del XX secolo si decise di realizzare una nuova chiesa
per accogliere meglio i fedeli. I lavori furono affidati all’architetto Nicola
Parisi, che realizzò un progetto in forme neoromaniche, capace di inglobare il
prezioso abside dell’antica basilica germaniana. L’altare moderno, presenta
l’archivolto affrescato con dodici medaglioni rappresentanti i Santi dell’ordine.
Altro tesoro nascosto della Chiesa è l’affresco della Madonna delle Grazie,
risalente al XIII secolo, raffigurata in trono con in grembo il Bambino.
Chiesa di San Pietro in Corpo
Pur
con una forma architettonica di fine Ottocento – su progetto di Francesco
Sagnelli - la chiesa ha rivestito un
ruolo importante nella storia urbanistica e religiosa della città. L’edificio,
che fiancheggia il tracciato della Via Appia, rappresenta un riattamento
dell’antica basilica costantiniana edificata nel 320 d.C., in onore degli
Apostoli. Vestigia antiche, infatti, possiamo notarle nei capitelli corinzi,
uno dei quali posto in posizione tale da evidenziare la stratificazione
storico-artistica tra le due costruzioni.
Dalle
forme eleganti, l’attuale facciata è ripartita da quattro lesene scanalate che
conducono lo sguardo verso il timpano con decorazione musiva dell’artista
fiorentino Michele Mellini, raffigurante la scena della consegna delle chiavi.
Chiesa di Sant’Agostino
Dedicata
a Sant’Agostino vescovo di Capua, l’attuale chiesa sorge sulle rovine dell’antica
cappella rurale di Sant’Agostino ad Arcum. L'attuale impianto conserva solo poche
tracce dell’edificio originario, come il portale con sovrastante lunetta, ma è
degna di nota in quanto custodisce l'ingresso di una catacomba utilizzata per
la sepoltura dei cristiani capuani.
chiesa di sant’erasmo
Ricordata
anche come la Chiesa di Sant’Erasmo in Capitolio, sorge nei pressi del
Campidoglio voluto da Tiberio. La struttura attuale è del 1919 e sorge in luogo
della vecchia cappella voluta da Roberto d’Angiò nel 1324.
La
facciata attuale è ripartita in due livelli; nel primo predomina il ricco
portale d’ingresso, contenente un bassorilievo raffigurante la Madonna in
trono. Il secondo, invece, sormontato da timpano, è arricchito dalla presenza
della torretta campanaria.
Una
volta entrati, lo sguardo viene rapito dalla volta a botte affrescata con
l’Investitura divina di Sant’Erasmo.
Itinerario C: L’architettura civile
Con
la bonifica dei Regi Lagni (1616) e il miglioramento delle condizioni di
salubrità, la città divenne luogo ideale per residenze di famiglie
aristocratiche. Sarà durante il regno borbonico, però, che la città rivestì un
ruolo strategico come piazzaforte militare.
Nel
1806 venne incorporato il Casale di San Pietro in Corpo e dopo due anni divenne
sede dei tribunali, per volere di Gioacchino Murat. Altro momento significativo
risale al 1860, quando la città accolse le truppe garibaldine alla vigilia
della battaglia del Volturno. Ormai l’assetto urbanistico è in continua
evoluzione e prende forma la città moderna segnata anche dalla nuova e
definitiva denominazione: Santa Maria Capua Vetere.
Palazzo Melzi
Sorto
a ridosso del Duomo, assiste al passaggio nel tempo da edificio di proprietà
religiosa a civile. Nacque, infatti, come Mensa dell’arcivescovo Camillo Melzi
(prima metà XVII secolo) e rimase tale con notevoli ampliamenti per un lungo
periodo. Nel 1809, poi, fu destinato a sede del Tribunale. L’istituzione del
foro sammaritano ha modificato l’organizzazione della città, fino a quel
momento improntata solo sulle attività agricole ed artigianali. Attualmente è
sede della Facoltà di Giurisprudenza. Le linee della facciata sono sobrie, di
impronta neoclassica, con alto basamento nel primo ordine e lesene corinzie a
sorreggere un cornicione fregiato. La parte centrale della facciata è
costituita da coppie di lesene che vanno ad incorniciare l’ingresso principale
sormontato da balcone.
Villino Cortese
Progettato
nel 1930 da Michele Cortese per uso privato, è un esempio evidente di edilizia
liberty nella nostra città. Ammiriamo, dunque, vetrate policrome, motivi
geometrici e profili in ferro dipinto ospitati da una singolare costruzione angolare
a pianta poligonale.
Palazzo Papa
L’edificio,
di origine settecentesca, ha subito un importante intervento di
ristrutturazione agli inizi del Novecento. Questo fa si che, all’impianto
rinascimentale, si uniscano con sapiente
eleganza le linee decorative dell’art
nouveau, come possiamo ammirare nel portone d’ingresso in legno intagliato
con motivi floreali.
Palazzo Cappabianca
Così
chiamato dal nome del committente Gaetano Cappabianca, illustre benefattore
sammaritano, indica la data di fine lavori su un fermaporte (1878). In seguito
ai recenti restauri, possiamo ammirare un impianto d’ispirazione neoclassica
per la facciata con decorazioni interne in chiaro gusto ecclettico, visibili in
ben dieci sale egregiamente conservate.
Palazzo Paolella
Testimonianza
della presenza dello scultore Ferdinando Sanfelice, il palazzo è un tipico
esempio di edilizia privata settecentesca. L’impronta sanfeliciana è evidente
negli stucchi che decorano sontuosamente finestre e balconi della facciata,
rappresentati dal sapiente intreccio tra volute e mascheroni, peculiari
dell’epoca.
Teatro Garibaldi
Nell’ottica
della crescita socio-economica di fine Ottocento la città non poteva essere
sprovvista di Teatro. Il progetto fu realizzato dall’architetto pugliese
Antonio Curri che fonde abilmente architettura, pittura e scultura raggiungendo
risultati strabilianti. Grandi riferimenti come il teatro dell’Opera di Parigi,
pongono il risultato finale ad un livello così alto, tanto da farlo definire
“il piccolo San Carlo” sulla scia del teatro più importante presente a Napoli. La
facciata presenta tre ingressi, custoditi ai lati dalle statue di Goldoni e
Alfieri, simboli rispettivamente della Commedia e della tragedia. In alto,
invece, la musica è rappresentata dai quattro medaglioni raffiguranti Bellini,
Rossini, Pergolesi e Cimarosa.
Villa comunale
Polmone
verde della città, la villa comunale chiude Corso Garibaldi con una
significativa quinta architettonica: il monumento ai Caduti garibaldini.
Edificato per ricordare la battaglia del Volturno, venne decorato dallo
scultore Giuseppe Tonini nel 1905. La scalinata balaustrata in marmo bianco e
fregi, si completa con una colonna centrale coronata dalla statua bronzea della
Vittoria alata.
Testimonianza
del passaggio di Garibaldi nella città sono anche il Palazzo Teti - dove
alloggiò Giuseppe Garibaldi ed il 2 novembre 1860 firmò la resa dei borbonici
di Capua - la colonna Fardella – in località 14 ponti, voluta dal colonnello
Fardella a ricordo della vittoria nella battaglia del Volturno dl 1 ottobre
1860 - e il Museo dei Cimeli Garibaldini.
Museo dei Cimeli Garibaldini
Il
Museo, istituito con delibera del 1870, raggiunge la forma attuale nel 1911, in
occasione del 50° Anniversario dell’Unità d’Italia.
Significative
sono la Sala del Risorgimento - dove sono esposte le testimonianze dei primi
moti di rivolta - e la Sala della Battaglia del Volturno – in cui si conservano
bandiere di combattimento ed armi utilizzate dai garibaldini durante la
battaglia del Volturno.
Il
museo espone anche una raccolta di cartoline e foto d’epoca, oltre che i
bellissimi acquerelli donati alla città dal pittore murciano Zacariaz Cerezo.
Il
museo, però, non è importante solo per il contenuto ma anche per il
contenitore: è ospitato nell’antico convento dei padri Alcantarini, di cui si
conserva anche un cimitero con le tradizionali sepolture a seduta.
Nell’antica
chiesa del convento, è custodita la tela raffigurante La morte di San Pietro
d’Alcantara (1690 circa), opera del pittore napoletano Luca Giordano.