Tribunale di Terra di Lavoro: Non movere a hic!
Ideologicamente, non possono che essere critiche le posizioni sulle recenti – ed alquanto discutibili - manovre governative della monolitica pattuglia di bocconiani che guarda ai numeri, senza fare prigionieri, senza avere scrupoli: i conti devono quadrare! Tuttavia, è incontestabile che, nonostante i tagli a destra e a manca, la mole, infinita, spaventosa del debito pubblico aumenta ogni giorno… E’ doverosa una precisazione: quel deficit nazionale pesa sempre di più sulle famiglie italiane e sui contribuenti onesti, unica vera spina dorsale di un Paese fino ad oggi governato da una classe dirigente i cui risultati amministrativi sono sotto gli occhi di tutti, il Paese più bello del mondo, attore non protagonista sui palcoscenici che contano (quello europeo e quello mondiale)… E’ vero, le criticità vengono da lontano, i bilanci pubblici piangono da decenni. Ma sarebbe da ingenui pensare di “raddrizzarli” in un paio di lustri, scaricandone i fardelli sempre e comunque sui soliti noti!
La L. 14 settembre 2011, n. 148 (recante “Misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo”; nonché “Delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari”) è senza dubbio uno dei prodotti più spietati di uno dei Governi più tecnici della storia d’Italia. Tra i (pochi e) disperati tentativi di sensibilizzare il Governo sul tema della riorganizzazione territoriale degli Uffici Giudiziari, degna di nota è certamente l’Istanza di salvezza in favore del Tribunale di Terra di Lavoro e le sue sezioni, promossa, con molto coraggio, con grande passione civile e con indiscutibile amore per il proprio territorio – seppur su un sentiero percorso “in solitaria” - dall'avv Alfredo Corea, Gaetano Bovenzi ed Angelo Giannattasio. Le sezioni a rischio: Aversa, Carinola, Caserta, Marcianise, Piedimonte Matese, la stessa sede centrale di Santa Maria Capua Vetere. I Giudici di Pace a rischio: Arienzo, Aversa, Capriati a Volturno, Capua, Carinola, Caserta, Maddaloni, Marcianise, Piedimonte Matese, Pignataro Maggiore, Santa Maria Capua Vetere, Sessa Aurunca, Teano, Trentola Ducenta.
I motti dei tre giovani giuristi, ben coscienti del valore storico del Tribunale di Terra di Lavoro e delle sue numerose sezioni, possono riassumersi negli adagi “Non movere a hic” e “Auctoritate et hereditatem civitatis”. Due formule ricchissime di significati: innanzitutto, l’ordine di non muovere le sezioni così come composte, compresi i Giudici di Pace. Nel primo paragrafo dell’Istanza, essi hanno evidenziato, con forza, che la stessa si impone “a difesa degli Istituti tutti”, ossia anche delle piccole realtà potenzialmente a sopprimere. L’intenzione è chiara, è una e una sola: difendere e ribadire il sacrosanto Diritto di accesso alla Giustizia del cittadino, dalle Istituzioni posto sempre più lontano, relegato in ruoli marginali, insignificanti, per nulla partecipativi, estromesso, spesso esiliato! Sempre nel primo paragrafo, hanno parlato del Mandamento di Carinola, di cui lo Studio Legale Corea vanta l’unica copia in originale del libello istitutivo, risalente all’ormai remoto 1897, anno in cui la Sezione di Carinola, allora di competenza del Circondariato di Gaeta, alla luce di motivi e principi di ragionevolezza (distanze, usi ed altre rilevanti questioni logistiche) fu accorpata al Tribunale di Terra di Lavoro. L’Istanza poggia su solide basi motivazionali, principale delle quali vuol essere la circostanza – obiettivamente verificabile dai Governanti – che le varie Sezioni distano dal Capoluogo di Distretto dai venti ai cinquanta chilometri. Ulteriore punto di ragionevolezza è rappresentato dalla non facile gestione burocratica ed organizzativa in generale: infatti, il carico di lavoro è senza dubbio eccessivo, nonché alienante per i dipendenti. Ciò detto, è opportuno parlare delle basi normative a sostegno dell’Istanza dei tre giovani giuristi di Terra di Lavoro. Innanzitutto, sono da citare gli artt. 24 e 111 della nostra Carta fondamentale. La prima norma recita: “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari.”. Insomma, l’intento, superiore, nobile, di tale norma è quello di assicurare a tutti la possibilità e i mezzi per agire a tutela dei propri diritti innanzi a qualsivoglia Giurisdizione: i promotori, a questo punto, si chiedono come possa un non abbiente raggiungere un Tribunale ubicato in una località distante cinquanta chilometri da quella sua propria di origine... La seconda norma – il cui concetto va ad innestarsi su quello dell’art. 24 - invece, asserisce che: “ La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata. Nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel più breve tempo possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa; abbia la facoltà, davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l'interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell'accusa e l'acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore; sia assistita da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo. Il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova. La colpevolezza dell'imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o del suo difensore. La legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell'imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita. Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati. Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge. Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei tribunali militari in tempo di guerra. Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso in Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.”. Da ciò si evince la più alta espressione del Diritto di difesa.
Altra base normativa è rappresentata dall’art. 47 del Capo VI (Giustizia) della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, in base al quale: “Ogni individuo i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell'Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo. Ogni individuo ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni individuo ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare. A coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello Stato qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia.”. Dal dettame di cui testè si evince che se vengono soppresse determinate Sezioni – fondamentali a livello di distribuzione logistica, nonché di effettiva presenza dello Stato nel territorio (e quello di Terra di Lavoro è un territorio, purtroppo, alquanto “peculiare”, per certi versi) - saranno svantaggiate le fasce deboli di un tessuto sociale già disagiato: anziani, disabili, emarginati bisognosi di un sostegno, di un conforto da parte delle Istituzioni a ciò preposte (mai bisogna dimenticare il ruolo di “guida sociale” ricoperto dalle sedi giudiziarie, promanante dalle varie bocche delle leggi).
Ancora, è doveroso menzionare l’art. 8 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, il quale recita: “Ogni individuo ha diritto ad un'effettiva possibilità di ricorso a competenti tribunali nazionali contro atti che violino i diritti fondamentali a lui riconosciuti dalla costituzione o dalla legge”. Infatti, il Diritto di accesso alla Giustizia rientra fra i diritti fondamentali dell’uomo. Da ciò discende il diritto di poter interpellare tribunali competenti, che diano pronta risposta ed in tempi consoni: i promotori dell’Istanza si chiedano come possa realizzarsi tutto ciò avvalendosi di una dislocazione territoriale per nulla rispondente alle esigenze dell’utenza.
Infine, un significativo contributo è offerto dal Trattato di Lisbona, che completa il quadro della realizzazione di un Ordinamento che voglia fregiarsi del connotato della completezza. Riassumendone il senso – per quanto attinente alla Giustizia - il Diritto alla Giustizia si ottiene attraverso: un agevole accesso alle adeguate strutture giudiziarie; un’informazione sui diritti e i doveri del cittadino; il diritto alla piena partecipazione alla vita giudiziaria; alla risoluzione delle controversie in tempi celeri; al diritto alla qualità del servizio; alle spese di giustizia eque ed adeguate…
I promotori hanno già avuto modo di ricordare al Ministro di Grazia e Giustizia, al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonché al Capo dello Stato che il Tribunale di Terra di Lavoro, sue relative Sezioni e Giudici di Pace rientrano senz’altro tra gli Istituti da salvare, data l’a significativa estensione del territorio, data l’utenza da soddisfare (volendo intendersi il numero di abitanti), dato il carico di lavoro in capo agli organici, dato l’indice della sopravvenienza, data la specificità territoriale del bacino di utenza, anche riguardo – e soprattutto – alla situazione infrastrutturale ed al tasso, tra i più alti d’Italia, di criminalità organizzata… I giovani istanti dello Studio Legale Corea concludono il loro discorso con una entusiastica speranza: “Noi tre speriamo che le nostre dita possano arare in miglior modo la vita di tutti noi”…