La Rete fornisce accessi preziosi alla politica, inedite possibilità individuali di espressione e di intervento politico e anche stimoli all'aggregazione e manifestazione di consensi e di dissensi. Ma non c'è partecipazione realmente democratica, rappresentativa ed efficace alla formazione delle decisioni pubbliche senza il tramite di partiti capaci di rinnovarsi o di movimenti politici organizzati, tutti comunque da vincolare all'imperativo costituzionale del "metodo democratico".

DALLO STRALCIO DEL MESSAGGIO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA GIORGIO NAPOLITANO
ROMA 22 APRILE 2013


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mercoledì 30 novembre 2011

GRAVE ERRORE STRATEGICO PER LA PROVINCIA DI CASERTA SOSTITUIRE UN BIODIGESTORE ANAEROBICO ALLO STIR

(Con i CDR e i termovalorizzatori si puntò esclusivamente sulla frazione secca; con i Digestori previsti nel nuovo Piano Regionale si sposta l’attenzione sulla frazione umida)


Il 19 novembre 2008 il Parlamento Europeo ha adottato la nuova Direttiva sui rifiuti (direttiva 2008/98/CE). In essa viene considerato come obiettivo primario di una corretta politica in materia di rifiuti la maggior riduzione possibile delle conseguenze negative per la salute umana e l’ambiente. Bisogna applicare la cosiddetta “gerarchia dei rifiuti”: ordine di priorità delle migliori opzioni ambientali nella normativa e nella politica dei rifiuti. Al primo posto di questa scala gerarchica figura la prevenzione, ossia l’adozione di misure in grado di ridurre la quantità di rifiuti, anche con il riutilizzo o il prolungamento del loro ciclo di vita, e di ridurre gli impatti negativi dei rifiuti prodotti sull'ambiente e la salute umana. Successivamente va considerato il riciclaggio, ossia qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i materiali di rifiuto sono ritrattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini. Esso include il ritrattamento di materiale organico ma non il recupero di energia né il ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o in operazioni di riempimento. Quindi il recupero di energia o altre operazioni il cui principale risultato sia di «permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile sostituendo altri materiali». In particolare la direttiva precisa che gli impianti di incenerimento dei rifiuti solidi urbani possono essere intesi come attività di recupero unicamente se rispondono a determinati requisiti di "efficienza energetica" fissati dalla direttiva stessa.

Solo come ultima opzione va considerato lo smaltimento che consiste in qualsiasi operazione diversa dal recupero anche quando l'operazione ha come conseguenza secondaria il recupero di sostanze o di energia.

La stessa Direttiva 2008/98/CE evidenzia che: “ Le parti interessate e il pubblico in generale dovrebbero avere la possibilità di partecipare all’elaborazione di tali programmi (programmi di prevenzione dei rifiuti incentrati sui principali impatti ambientali e basati sulla considerazione dell’intero ciclo di vita dei prodotti e dei materiali) e dovrebbero avere accesso ad essi una volta elaborati, come previsto dalla direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, che prevede la partecipazione del pubblico nell’elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale.”.

I Piani devono comprendere il tipo la quantità e le fonti dei rifiuti prodotti all’interno del territorio, i sistemi di raccolta dei rifiuti e i grandi impianti di smaltimento e recupero esistenti, una valutazione della necessità di nuovi sitemi di raccolta, della chiusura degli impianti esistenti, di ulteriori infrastrutture per gli impianti per i rifiuti.

Le procedure di approvazione dei piani non sembra mutata: le regioni, sentite le Province, i Comuni e, per quanto riguarda i rifiuti urbani, le Autorità d’ambito, predispongono e adottano piani regionali di gestione dei rifiuti. L’articolo 199 stabilisce esplicitamente che per l’approvazione dei piani si applica la procedura della Valutazione Ambientale Strategica (parte II del D.Lgs. 152/2006)

Per quanto riguarda la localizzazione dei siti, come si legge nel Rapporto Ambientale (Capitolo 2 - illustrazione dei contenuti e degli obiettivi principali del PRGRU della Campania) dello stesso Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti Urbani in Campania -

essa è di competenza delle Province: “E’ estremamente rilevante rimarcare l’ambito di azione del PRGRU rispetto alle operazioni di localizzazione dei siti di trattamento e smaltimento. Secondo la norma vigente, infatti, (D.Lgs. 152/2006 e s.m.i., art. 196 comma 1, punti elenco n e o), è competenza specifica delle Regioni la sola definizione dei criteri per la determinazione delle aree non idonee alla

localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti nonché dei luoghi o impianti idonei allo smaltimento, mentre l’individuazione delle stesse aree è una competenza esclusiva delle Province. Le Province, nell’esercizio di propria esclusiva competenza di individuazione delle aree idonee alla localizzazione degli impianti di trattamento e smaltimento, dovranno definire accuratamente,

nell’appropriato livello di scala, la distribuzione spaziale dei vincoli corrispondenti ai criteri di localizzazione individuati nel PRGRU.”



Dal Rapporto Rifiuti Urbani 2011 (ISPRA-Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale) si può valutare una produzione regionale dei rifiuti di circa 2.750.000 t/a ed una popolazione di circa 5.800.000 abitanti per una produzione pro capite di crica 480 Kg/a

Per la sola provincia di Caserta gli abitanti sono circa 910.000 con una produzione di rifiuti di circa 425.000 t/a e una produzione pro capite di circa 470 Kg/a.

In provincia di Caserta nell’anno 2009 la raccolta differenziata ammontava a 87.690 tonnellate/anno mentre la parte indifferenziata risultava 336.658 tonnellate/anno (totale 424.328): questi dati possono essere considerati costanti anche per gli anni successivi e per i prosimi anni.

Considerando che la frazione umida rappresenta circa il 30% della produzione totale di rifiuti, si può stimare una massa totale della sola frazione umida di circa 128.000 t/a e, considerato che si deve raggiungere il 50% di raccolta differenziata (RD) entro il 2011 che sale al 65% entro il 2012, si deve prevedere una quantità pari a circa 83.000 t/a di frazione umida (65% di 128.000).



Gli impianti di trattamento meccanico biologico (STIR ex CDR) della Regione sono in tutto sette per una quantità massima autorizzata di 2.579.034 tonnellate/anno e solamente 757.196 tonnellate trattate (circa il 29%)

Nell’impianto di S. Maria C.V., unico in provincia di Caserta, la quantità massima autorizzata è 361.700 tonnellate/anno che corrisponde all’85% della produzione totale della provincia di Caserta ma la quantità realmente trattata è stata 148.831 tonnellate di rifiuti indifferenziati (circa il 41 % della quantità massima autorizzata).

In Campania funziona un solo impianto di incenerimento ad Acerra che, nell’anno 2009, ha processato 239.602 tonnellate di frazione secca proveniente dagli STIR e 105.930 di frazione classificata CDR (12,7 % della produzione complessiva dei RU).

Lo smaltimento dei RU in Campania ha registrato nel 2009 un incremento della

quantità di rifiuti smaltita in discarica: 1.335.130 tonnellate su una produzione totale di 2.719.000 (49% in discarica) (nei due anni precedenti in discarica è stata conferita una quantità compresa tra il 34 e il 38%).

Nello stesso anno la provincia di Caserta ha smaltito in discarica 317.152 t/a che su un totale di circa 425.000 t/a corrisponde ad una percentuale del 75%: stranamente nello stesso anno risulta che le province di Caserta, Avellino, Benevento e Napoli hanno conferito in discarica una quantità molto simile: non risulta la quantità smaltita in discarica dalla provincia di Salerno.

La discarica della provincia di Caserta è quella di San Tammaro con una capacità residua di 1.232.849 m3 in cui sono stati smaltiti 317.152 tonnellate nell’anno 2009.



- Nell’anno 2009, in Campania, risultavano 7 impianti per il compostaggio autorizzati per una quantità annuale di frazione selezionata complessiva di 98.199 tonnellate/anno. La quantità di rifiuto realmente trattata durante l’anno2009 è stata di solo 19.916 tonnellate.

Di questi impianti due risultavano attivi in provincia di Caserta: a) Orta di Atella con una quantità massima autorizzata di 15.500 tonnelate; b) Villa Literno con 16.400 tonnellate autorizzate. A questi si dovrebbero aggiungere un impianto di compostaggio a San Tammaro con una quantità massima autorizzata di 30.000 t/a, di cui sono state finanziate le opere di completamento e di cui si prevede la conversione in digestore anaerobico da 40.000 t/a, e a Castelvolturno con una quantità massima autorizzata di 50.000 t/a che figura nel Rapporto Rifiuti Urbani relativo all’anno 2008

Complessivamente la Provincia di Caserta ha una disponibilità massima di

(15.500 + 16.400 + 40.000 + 50.000) 121.900 t/a



Considerato che:

a) in provincia di Caserta la produzione di RU è di circa 425.000 t/a;

b) selezionando tutta la frazione umida che è circa il 30% dell’intera massa

si dovrebbero teoricamente trattare una quantità massima di circa 127.000 t/a



Quindi la nostra Provincia dovrebbe già essere autosufficiente senza altri impianti!



Il piano provinciale della gestione dei rifiuti (PPGR) ha previsto con il DP n.65 del 30 settembre 2010 le seguenti esigenze impiantistiche della Provincia di Caserta in materia di trattamento di rifiuti solidi urbani:

a) un impianto di digestione anaerobica, con una potenzialità di circa 40.000t/a, da

realizzare nell'area di S. Tammaro per riconversione industriale dell'impianto di

compostaggio in via di realizzazione ;

b) perlomeno due impianti di digestione anaerobica, con una potenzialità tra 30.000 e

50.000t/a, da realizzare, qualora fossero individuate, preferibilmente in aree già strutturate e comunque nel rispetto dei criteri di localizzazione, di prossimità e di attrattività individuati dal PPGR. Il numero e la potenzialità di tali impianti saranno definiti a valle di concertazioni ed accordi con i Comuni che hanno presentato progetti per impianti di tecnologia similare;

• per l'impianto di trattamento meccanico-biologico di S, Maria Capua Vetere, noto anche come STIR, al fine di consentirne la piena funzionalità, si dovrà realizzare una sezione di biostabilizzazione frazione umida tritovagliata, che consenta di ottenere una riduzione considerevole, non inferiore al 30%, del volume di tale frazione da inviare a discarica; (Per quanto riguarda lo STIR di Santa Maria Capua Vetere viene affermato che già è stato realizzato ed è funzionante dal novembre 2010, un impianto mobile di stabilizzazione dalla potenzialità di 150 t/g nel capannone MVS per ridurre il volume di rifiuto di circa il 30% e minimizzare gli effetti odorigeni)

• per gli impianti di trattamento termico, si ritiene che la potenzialità di 250.000t/a indicata dal PPGR per la frazione secca non riciclabile di rifiuto residuale alla raccolta differenziata e scarti delle filiere provinciali del riciclo di carta e plastica debba essere soddisfatta da:

a) conferimenti per oltre 150.000t/a di rifiuto residuale ai termovalorizzatori funzionanti (ad Acerra) o programmati (a Napoli Est e Salerno) in Campania;

b) un impianto di tecnologia avanzata, preferenzialmente di gassificazione, con una

potenzialità di circa 90.000t/a, da realizzare preferibilmente in un'area del basso casertano che rispetti i criteri di localizzazione, di prossimità e di attrattività individuati dal PPGR.





Per quanto riguarda l’impianto di termovalorizzazione per gassificazione in Provincia di Caserta da 90.000 t/a non vengono definite le caratteristiche tecniche del processo.

Questo sarà l’unico gassificatore della Campania ed è probabile che ci sia un collegamento con il contenuto del seguente comunicato stampa: “Napoli, 29 marzo 2011 – Presentati oggi a Napoli da CONAI e AMRA i risultati della sperimentazione di un innovativo processo per il recupero di energia e materia da rifiuti urbani e di imballaggio, realizzato presso il primo impianto pilota di gassificazione a letto fluido in Italia, installato in Campania, nella zona industriale di Caserta.”



Il Conai è il consorzio privato senza fini di lucro costituito dai produttori e utilizzatori di imballaggi con la finalità di perseguire, in una logica di responsabilità condivisa fra cittadini, pubblica amministrazione, imprese, gli obiettivi di legge di recupero e riciclo dei materiali di imballaggio. AMRA S.c. a r.l. è una società consortile senza fini di lucro a capitale interamente pubblico (sono attualmente soci le cinque Università campane, il CNR, l’Istituto Nazionale di Geofìsica e Vulcanologia e la Stazione Zoologica Anton Dhorn), nata dal progetto sui Centri di Competenza promosso dall’Assessorato alla Ricerca Scientifica della Regione Campania, nell’ambito del Piano di sviluppo dell'innovazione in Campania, e finanziato con Fondi Europei.



La tecnologia al centro della sperimentazione viene indicata come una soluzione innovativa per contribuire ulteriormente a ridurre la quota di materiale che finisce in discarica e consentire di recuperare materia e/o energia anche degli scarti dei processi di selezione e riciclo del materiale da raccolta differenziata.



Contrariamente a quanto previsto da quello Provinciale, il Piano Regionale prevede invece un ulteriore impianto di digestione anaerobica con una quantità massima autorizzata di 75.000 t/a e la dismissione dello STIR, rendendo la Provincia di Caserta non autosufficiente sul piano smaltimento rifiuti. Infatti si troverà con un numero di impianti sbilanciato a favore della frazione umida che “dovrà essere selezionata” ma, seppure si riuscisse a rispettare le previsioni del Piano Regionale, la quantità teorica recuperabile dai RU della Provincia è inferiore a quella che si dovrebbe trattare negli impianti..



Questa “Parziale incoerenza” tra i due piani è stata evidenziata nel Rapporto Ambientale dove si legge: “... appare rilevarsi, invece, tra le previsioni dei singoli atti provinciali e il PRGRU, che propende alla realizzazione di nuovi impianti di digestione anaerobica presso gli STIR, che, nell’ipotesi preferita dello scenario B2, vengono progressivamente a tale finalità riconvertiti, fuoriuscendo dal ciclo di gestione dei RUR. Tale fuoriuscita, seppur considerata in alcuni casi, non corrisponde esattamente con le ipotesi delle Province. A questo proposito conviene analizzare nel dettaglio le diverse previsioni per quanto attiene la rifunzionalizzazione degli STIR.”



Nel Piano Regionale, in considerazione dell’obiettivo legislativo del 65% di raccolta differenziata media, è stato prefissato di voler raggiungere l’obiettivo del 75% e, in modo arbitrario, è stato stabilito che per il raggiungimento di tale obiettivo è necessario elevare al 90% l’efficienza di intercettazione della frazione umida. E’ chiaro che da questo scenario aumenterebbe la quantità di umido da trattare ed i costi relativi ad un sistema di raccolta porta a porta.

Non è possibile, come lo stesso Piano lo prevede e probabilmente non vuole, realizzare una raccolta differenziata efficiente ed efficace che riguardi il 100% dei rifiuti prodotti. Una parte rimarrà necessariamente indifferenziata e, nonostante le pretese del Piano Regionale, la stessa qualità dell’umido raccolto porta a porta non potrà essere della qualità richiesta per la trasformazione in compost quindi, anche dagli impianti anerobici, lo stabilizzato andrà in discarica:

è un problema tanto pagano i cittadini.



Aspetto non trascurabile è dato dai tempi previsti per la realizzazione degli impianti che, pur nella loro relativa semplicità tecnologica, hanno bisogno di un tempo di progettazione, installazione e collaudo di circa 18/24 mesi. Non è un problema si manda tutto fuori Regione: “una frazione di umido da raccolta differenziata viene inviata ad impianti biologici aerobici ed anaerobici installati fuori dalla Campania, e rappresenta quindi la potenzialità impiantistica da saturare.”

E’ evidente il gravissimo errore già commesso quando si sono costruiti gli impianti STIR (allora CDR) senza avere i termovalorizzatori e le discariche; errore che si rivelò ancora peggiore di tutte le più nefasti previsioni con la constatazione che essi non erano in grado di produrre CDR e di assicurare un serio processo di stabilizzazione della frazione organica.

A breve non avremo gli impianti STIR in cui trattare l’indifferenziato, sulla base delle previsioni del Piano dovrebbe aumentare la quantità di umido da trattare ma, a livello Regionale, non avremo gli impianti di digestione.



In questo scenario la provincia di Caserta risulterà la più penalizzata in quanto ad oggi, sarebbe già potenzialmente in grado di trattare l’umido provinciale (impianti che oggi lavorano molto al di sotto delle loro potenzialità) e con lo STIR sarebbe in grado di trattare la parte indifferenziata. Giustamente il Piano provinciale lo ha previsto e sono stati già realizzati interventi per migliorarne il processo di stabilizzazione dell’umido. Gli stessi si dovrebbero ancora migliorare con una sezione di selezione meccanica destinata alla selezione delle raccolte, ad es. quella multi-materiale, da avviare alle specifiche filiere di riciclo, e una sezione di raccolta e trattamento dei RAEE (rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche), per il massimo recupero in sicurezza dei materiali effettivamente riciclabili e per il corretto smaltimento dei residui (Ipotesi prevista ma scartata dallo stesso Piano Regionale).

Ricordiamoci che dovremmo favorire il recupero dei materiali rispetto al recupero energetico

La necessità di insistere maggiormente sulla raccolta differenziata della frazione secca è tristemente e continuamente confermato dalla quantità e dalla tipologia di rifiuti abbandonati lungo le strade periferiche della nostra Città, Provincia e Regione.



Questione ambientale

E’ preoccupante dover constatare che non si trova nel Piano Regionale dei rifiuti una attenzione altrettanto dettagliata sulla necessità di dover procedere alla valutazione dell’impatto che gli impianti esistenti hanno determinato sulla qualità dell’aria, dell’acqua e del suolo. Con leggerezza si prevedono trasformazioni, che nel caso della conversione dagli STIR a biodigestori anaerobici significa smantellamento e costruzione ex-novo dell’impianto senza che sia finalmente prevista una fase di verifica dell’inquinamento che esso ha prodotto e la bonifica delle stesse aree. Si è volutamente trascurato che il sistema di monitoraggio con postazioni fisse previsto nei territori che ospitano gli impianti per il trattamento dei rifiuti, nonostante la disponibilità dei fondi necessari per la realizzazione, non è stato mai avviato.

Fu bandita una regolare gara di appalto per l’acquisto di centraline per il monitoraggio in continuo in questa zona riferite all’impianto FIBE Campania SPA, perché esse non furono mai installate?

Campagne di monitoraggio periodiche hanno confermato una scarsa qualità dell’aria e dell’acqua. E’ di alcuni mesi la notizia della presenza di sostanze clorurate nell’acqua di alcuni pozzi nel territorio del rione S. Andrea. Con questo non si vuole affermare che la causa sia l’impianto STIR ma non lo si può nemmeno escludere se non se ne accerta la causa.



Sarebbe stato auspicabile e normale, dopo 10 anni di un funzionamento che è stato accertato essere “non regolare”, procedere ad una attenta ed approfondita verifica di eventuali danni ambientali arrecati. Il sito in cui si trova lo STIR di S.Maria Capua Vetere risulta maggiormente a rischio perché negli anni precedenti ha ospitato anche un impianto di compostaggio! E pensare che oggi si pensa di ritornare ad un impianto che tratti l’umido.



Per gli assertori della tecnologia all’ultimo grido che si sforzano di spostare il problema sulla corretta gestione piuttosto che sulla tipologia degli impianti e sul processo, si deve ricordare cosa si verificò quando fu espletata la gara per la costruzione e gestione dei CDR. La valutazione tecnica ottenuta dal progetto presentato da ATI-FISIA ITALIMPIANTI S.p.a risultò il più basso tra quelli presentati ma si aggiudicò la gara perché offriva un costo di lavorazione più basso. Anche allora si parlava di tecnologia all’avanguardia e i risultati oggi li conosciamo tutti ma potevano benissimo essere previsti già allora.



Per quanto riguarda le quote di ristoro mai incassate i cittadini aspettano ancora una spiegazione!



Quale strumento di controllo è stato messo al servizio del cittadino?



Prof. V. De Felice




 
(Con i CDR e i termovalorizzatori si puntò esclusivamente sulla frazione secca; con i Digestori previsti nel nuovo Piano Regionale si sposta l’attenzione sulla frazione umida)



Il 19 novembre 2008 il Parlamento Europeo ha adottato la nuova Direttiva sui rifiuti (direttiva 2008/98/CE). In essa viene considerato come obiettivo primario di una corretta politica in materia di rifiuti la maggior riduzione possibile delle conseguenze negative per la salute umana e l’ambiente. Bisogna applicare la cosiddetta “gerarchia dei rifiuti”: ordine di priorità delle migliori opzioni ambientali nella normativa e nella politica dei rifiuti. Al primo posto di questa scala gerarchica figura la prevenzione, ossia l’adozione di misure in grado di ridurre la quantità di rifiuti, anche con il riutilizzo o il prolungamento del loro ciclo di vita, e di ridurre gli impatti negativi dei rifiuti prodotti sull'ambiente e la salute umana. Successivamente va considerato il riciclaggio, ossia qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i materiali di rifiuto sono ritrattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini. Esso include il ritrattamento di materiale organico ma non il recupero di energia né il ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o in operazioni di riempimento. Quindi il recupero di energia o altre operazioni il cui principale risultato sia di «permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile sostituendo altri materiali». In particolare la direttiva precisa che gli impianti di incenerimento dei rifiuti solidi urbani possono essere intesi come attività di recupero unicamente se rispondono a determinati requisiti di "efficienza energetica" fissati dalla direttiva stessa.

Solo come ultima opzione va considerato lo smaltimento che consiste in qualsiasi operazione diversa dal recupero anche quando l'operazione ha come conseguenza secondaria il recupero di sostanze o di energia.

La stessa Direttiva 2008/98/CE evidenzia che: “ Le parti interessate e il pubblico in generale dovrebbero avere la possibilità di partecipare all’elaborazione di tali programmi (programmi di prevenzione dei rifiuti incentrati sui principali impatti ambientali e basati sulla considerazione dell’intero ciclo di vita dei prodotti e dei materiali) e dovrebbero avere accesso ad essi una volta elaborati, come previsto dalla direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, che prevede la partecipazione del pubblico nell’elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale.”.

I Piani devono comprendere il tipo la quantità e le fonti dei rifiuti prodotti all’interno del territorio, i sistemi di raccolta dei rifiuti e i grandi impianti di smaltimento e recupero esistenti, una valutazione della necessità di nuovi sitemi di raccolta, della chiusura degli impianti esistenti, di ulteriori infrastrutture per gli impianti per i rifiuti.

Le procedure di approvazione dei piani non sembra mutata: le regioni, sentite le Province, i Comuni e, per quanto riguarda i rifiuti urbani, le Autorità d’ambito, predispongono e adottano piani regionali di gestione dei rifiuti. L’articolo 199 stabilisce esplicitamente che per l’approvazione dei piani si applica la procedura della Valutazione Ambientale Strategica (parte II del D.Lgs. 152/2006)

Per quanto riguarda la localizzazione dei siti, come si legge nel Rapporto Ambientale (Capitolo 2 - illustrazione dei contenuti e degli obiettivi principali del PRGRU della Campania) dello stesso Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti Urbani in Campania -

essa è di competenza delle Province: “E’ estremamente rilevante rimarcare l’ambito di azione del PRGRU rispetto alle operazioni di localizzazione dei siti di trattamento e smaltimento. Secondo la norma vigente, infatti, (D.Lgs. 152/2006 e s.m.i., art. 196 comma 1, punti elenco n e o), è competenza specifica delle Regioni la sola definizione dei criteri per la determinazione delle aree non idonee alla

localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti nonché dei luoghi o impianti idonei allo smaltimento, mentre l’individuazione delle stesse aree è una competenza esclusiva delle Province. Le Province, nell’esercizio di propria esclusiva competenza di individuazione delle aree idonee alla localizzazione degli impianti di trattamento e smaltimento, dovranno definire accuratamente,

nell’appropriato livello di scala, la distribuzione spaziale dei vincoli corrispondenti ai criteri di localizzazione individuati nel PRGRU.”



Dal Rapporto Rifiuti Urbani 2011 (ISPRA-Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale) si può valutare una produzione regionale dei rifiuti di circa 2.750.000 t/a ed una popolazione di circa 5.800.000 abitanti per una produzione pro capite di crica 480 Kg/a

Per la sola provincia di Caserta gli abitanti sono circa 910.000 con una produzione di rifiuti di circa 425.000 t/a e una produzione pro capite di circa 470 Kg/a.

In provincia di Caserta nell’anno 2009 la raccolta differenziata ammontava a 87.690 tonnellate/anno mentre la parte indifferenziata risultava 336.658 tonnellate/anno (totale 424.328): questi dati possono essere considerati costanti anche per gli anni successivi e per i prosimi anni.

Considerando che la frazione umida rappresenta circa il 30% della produzione totale di rifiuti, si può stimare una massa totale della sola frazione umida di circa 128.000 t/a e, considerato che si deve raggiungere il 50% di raccolta differenziata (RD) entro il 2011 che sale al 65% entro il 2012, si deve prevedere una quantità pari a circa 83.000 t/a di frazione umida (65% di 128.000).



Gli impianti di trattamento meccanico biologico (STIR ex CDR) della Regione sono in tutto sette per una quantità massima autorizzata di 2.579.034 tonnellate/anno e solamente 757.196 tonnellate trattate (circa il 29%)

Nell’impianto di S. Maria C.V., unico in provincia di Caserta, la quantità massima autorizzata è 361.700 tonnellate/anno che corrisponde all’85% della produzione totale della provincia di Caserta ma la quantità realmente trattata è stata 148.831 tonnellate di rifiuti indifferenziati (circa il 41 % della quantità massima autorizzata).

In Campania funziona un solo impianto di incenerimento ad Acerra che, nell’anno 2009, ha processato 239.602 tonnellate di frazione secca proveniente dagli STIR e 105.930 di frazione classificata CDR (12,7 % della produzione complessiva dei RU).

Lo smaltimento dei RU in Campania ha registrato nel 2009 un incremento della

quantità di rifiuti smaltita in discarica: 1.335.130 tonnellate su una produzione totale di 2.719.000 (49% in discarica) (nei due anni precedenti in discarica è stata conferita una quantità compresa tra il 34 e il 38%).

Nello stesso anno la provincia di Caserta ha smaltito in discarica 317.152 t/a che su un totale di circa 425.000 t/a corrisponde ad una percentuale del 75%: stranamente nello stesso anno risulta che le province di Caserta, Avellino, Benevento e Napoli hanno conferito in discarica una quantità molto simile: non risulta la quantità smaltita in discarica dalla provincia di Salerno.

La discarica della provincia di Caserta è quella di San Tammaro con una capacità residua di 1.232.849 m3 in cui sono stati smaltiti 317.152 tonnellate nell’anno 2009.



- Nell’anno 2009, in Campania, risultavano 7 impianti per il compostaggio autorizzati per una quantità annuale di frazione selezionata complessiva di 98.199 tonnellate/anno. La quantità di rifiuto realmente trattata durante l’anno2009 è stata di solo 19.916 tonnellate.

Di questi impianti due risultavano attivi in provincia di Caserta: a) Orta di Atella con una quantità massima autorizzata di 15.500 tonnelate; b) Villa Literno con 16.400 tonnellate autorizzate. A questi si dovrebbero aggiungere un impianto di compostaggio a San Tammaro con una quantità massima autorizzata di 30.000 t/a, di cui sono state finanziate le opere di completamento e di cui si prevede la conversione in digestore anaerobico da 40.000 t/a, e a Castelvolturno con una quantità massima autorizzata di 50.000 t/a che figura nel Rapporto Rifiuti Urbani relativo all’anno 2008

Complessivamente la Provincia di Caserta ha una disponibilità massima di

(15.500 + 16.400 + 40.000 + 50.000) 121.900 t/a



Considerato che:

a) in provincia di Caserta la produzione di RU è di circa 425.000 t/a;

b) selezionando tutta la frazione umida che è circa il 30% dell’intera massa

si dovrebbero teoricamente trattare una quantità massima di circa 127.000 t/a



Quindi la nostra Provincia dovrebbe già essere autosufficiente senza altri impianti!



Il piano provinciale della gestione dei rifiuti (PPGR) ha previsto con il DP n.65 del 30 settembre 2010 le seguenti esigenze impiantistiche della Provincia di Caserta in materia di trattamento di rifiuti solidi urbani:

a) un impianto di digestione anaerobica, con una potenzialità di circa 40.000t/a, da

realizzare nell'area di S. Tammaro per riconversione industriale dell'impianto di

compostaggio in via di realizzazione ;

b) perlomeno due impianti di digestione anaerobica, con una potenzialità tra 30.000 e

50.000t/a, da realizzare, qualora fossero individuate, preferibilmente in aree già strutturate e comunque nel rispetto dei criteri di localizzazione, di prossimità e di attrattività individuati dal PPGR. Il numero e la potenzialità di tali impianti saranno definiti a valle di concertazioni ed accordi con i Comuni che hanno presentato progetti per impianti di tecnologia similare;

• per l'impianto di trattamento meccanico-biologico di S, Maria Capua Vetere, noto anche come STIR, al fine di consentirne la piena funzionalità, si dovrà realizzare una sezione di biostabilizzazione frazione umida tritovagliata, che consenta di ottenere una riduzione considerevole, non inferiore al 30%, del volume di tale frazione da inviare a discarica; (Per quanto riguarda lo STIR di Santa Maria Capua Vetere viene affermato che già è stato realizzato ed è funzionante dal novembre 2010, un impianto mobile di stabilizzazione dalla potenzialità di 150 t/g nel capannone MVS per ridurre il volume di rifiuto di circa il 30% e minimizzare gli effetti odorigeni)

• per gli impianti di trattamento termico, si ritiene che la potenzialità di 250.000t/a indicata dal PPGR per la frazione secca non riciclabile di rifiuto residuale alla raccolta differenziata e scarti delle filiere provinciali del riciclo di carta e plastica debba essere soddisfatta da:

a) conferimenti per oltre 150.000t/a di rifiuto residuale ai termovalorizzatori funzionanti (ad Acerra) o programmati (a Napoli Est e Salerno) in Campania;

b) un impianto di tecnologia avanzata, preferenzialmente di gassificazione, con una

potenzialità di circa 90.000t/a, da realizzare preferibilmente in un'area del basso casertano che rispetti i criteri di localizzazione, di prossimità e di attrattività individuati dal PPGR.





Per quanto riguarda l’impianto di termovalorizzazione per gassificazione in Provincia di Caserta da 90.000 t/a non vengono definite le caratteristiche tecniche del processo.

Questo sarà l’unico gassificatore della Campania ed è probabile che ci sia un collegamento con il contenuto del seguente comunicato stampa: “Napoli, 29 marzo 2011 – Presentati oggi a Napoli da CONAI e AMRA i risultati della sperimentazione di un innovativo processo per il recupero di energia e materia da rifiuti urbani e di imballaggio, realizzato presso il primo impianto pilota di gassificazione a letto fluido in Italia, installato in Campania, nella zona industriale di Caserta.”



Il Conai è il consorzio privato senza fini di lucro costituito dai produttori e utilizzatori di imballaggi con la finalità di perseguire, in una logica di responsabilità condivisa fra cittadini, pubblica amministrazione, imprese, gli obiettivi di legge di recupero e riciclo dei materiali di imballaggio. AMRA S.c. a r.l. è una società consortile senza fini di lucro a capitale interamente pubblico (sono attualmente soci le cinque Università campane, il CNR, l’Istituto Nazionale di Geofìsica e Vulcanologia e la Stazione Zoologica Anton Dhorn), nata dal progetto sui Centri di Competenza promosso dall’Assessorato alla Ricerca Scientifica della Regione Campania, nell’ambito del Piano di sviluppo dell'innovazione in Campania, e finanziato con Fondi Europei.



La tecnologia al centro della sperimentazione viene indicata come una soluzione innovativa per contribuire ulteriormente a ridurre la quota di materiale che finisce in discarica e consentire di recuperare materia e/o energia anche degli scarti dei processi di selezione e riciclo del materiale da raccolta differenziata.



Contrariamente a quanto previsto da quello Provinciale, il Piano Regionale prevede invece un ulteriore impianto di digestione anaerobica con una quantità massima autorizzata di 75.000 t/a e la dismissione dello STIR, rendendo la Provincia di Caserta non autosufficiente sul piano smaltimento rifiuti. Infatti si troverà con un numero di impianti sbilanciato a favore della frazione umida che “dovrà essere selezionata” ma, seppure si riuscisse a rispettare le previsioni del Piano Regionale, la quantità teorica recuperabile dai RU della Provincia è inferiore a quella che si dovrebbe trattare negli impianti..



Questa “Parziale incoerenza” tra i due piani è stata evidenziata nel Rapporto Ambientale dove si legge: “... appare rilevarsi, invece, tra le previsioni dei singoli atti provinciali e il PRGRU, che propende alla realizzazione di nuovi impianti di digestione anaerobica presso gli STIR, che, nell’ipotesi preferita dello scenario B2, vengono progressivamente a tale finalità riconvertiti, fuoriuscendo dal ciclo di gestione dei RUR. Tale fuoriuscita, seppur considerata in alcuni casi, non corrisponde esattamente con le ipotesi delle Province. A questo proposito conviene analizzare nel dettaglio le diverse previsioni per quanto attiene la rifunzionalizzazione degli STIR.”



Nel Piano Regionale, in considerazione dell’obiettivo legislativo del 65% di raccolta differenziata media, è stato prefissato di voler raggiungere l’obiettivo del 75% e, in modo arbitrario, è stato stabilito che per il raggiungimento di tale obiettivo è necessario elevare al 90% l’efficienza di intercettazione della frazione umida. E’ chiaro che da questo scenario aumenterebbe la quantità di umido da trattare ed i costi relativi ad un sistema di raccolta porta a porta.

Non è possibile, come lo stesso Piano lo prevede e probabilmente non vuole, realizzare una raccolta differenziata efficiente ed efficace che riguardi il 100% dei rifiuti prodotti. Una parte rimarrà necessariamente indifferenziata e, nonostante le pretese del Piano Regionale, la stessa qualità dell’umido raccolto porta a porta non potrà essere della qualità richiesta per la trasformazione in compost quindi, anche dagli impianti anerobici, lo stabilizzato andrà in discarica:

è un problema tanto pagano i cittadini.



Aspetto non trascurabile è dato dai tempi previsti per la realizzazione degli impianti che, pur nella loro relativa semplicità tecnologica, hanno bisogno di un tempo di progettazione, installazione e collaudo di circa 18/24 mesi. Non è un problema si manda tutto fuori Regione: “una frazione di umido da raccolta differenziata viene inviata ad impianti biologici aerobici ed anaerobici installati fuori dalla Campania, e rappresenta quindi la potenzialità impiantistica da saturare.”

E’ evidente il gravissimo errore già commesso quando si sono costruiti gli impianti STIR (allora CDR) senza avere i termovalorizzatori e le discariche; errore che si rivelò ancora peggiore di tutte le più nefasti previsioni con la constatazione che essi non erano in grado di produrre CDR e di assicurare un serio processo di stabilizzazione della frazione organica.

A breve non avremo gli impianti STIR in cui trattare l’indifferenziato, sulla base delle previsioni del Piano dovrebbe aumentare la quantità di umido da trattare ma, a livello Regionale, non avremo gli impianti di digestione.



In questo scenario la provincia di Caserta risulterà la più penalizzata in quanto ad oggi, sarebbe già potenzialmente in grado di trattare l’umido provinciale (impianti che oggi lavorano molto al di sotto delle loro potenzialità) e con lo STIR sarebbe in grado di trattare la parte indifferenziata. Giustamente il Piano provinciale lo ha previsto e sono stati già realizzati interventi per migliorarne il processo di stabilizzazione dell’umido. Gli stessi si dovrebbero ancora migliorare con una sezione di selezione meccanica destinata alla selezione delle raccolte, ad es. quella multi-materiale, da avviare alle specifiche filiere di riciclo, e una sezione di raccolta e trattamento dei RAEE (rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche), per il massimo recupero in sicurezza dei materiali effettivamente riciclabili e per il corretto smaltimento dei residui (Ipotesi prevista ma scartata dallo stesso Piano Regionale).

Ricordiamoci che dovremmo favorire il recupero dei materiali rispetto al recupero energetico

La necessità di insistere maggiormente sulla raccolta differenziata della frazione secca è tristemente e continuamente confermato dalla quantità e dalla tipologia di rifiuti abbandonati lungo le strade periferiche della nostra Città, Provincia e Regione.



Questione ambientale

E’ preoccupante dover constatare che non si trova nel Piano Regionale dei rifiuti una attenzione altrettanto dettagliata sulla necessità di dover procedere alla valutazione dell’impatto che gli impianti esistenti hanno determinato sulla qualità dell’aria, dell’acqua e del suolo. Con leggerezza si prevedono trasformazioni, che nel caso della conversione dagli STIR a biodigestori anaerobici significa smantellamento e costruzione ex-novo dell’impianto senza che sia finalmente prevista una fase di verifica dell’inquinamento che esso ha prodotto e la bonifica delle stesse aree. Si è volutamente trascurato che il sistema di monitoraggio con postazioni fisse previsto nei territori che ospitano gli impianti per il trattamento dei rifiuti, nonostante la disponibilità dei fondi necessari per la realizzazione, non è stato mai avviato.

Fu bandita una regolare gara di appalto per l’acquisto di centraline per il monitoraggio in continuo in questa zona riferite all’impianto FIBE Campania SPA, perché esse non furono mai installate?

Campagne di monitoraggio periodiche hanno confermato una scarsa qualità dell’aria e dell’acqua. E’ di alcuni mesi la notizia della presenza di sostanze clorurate nell’acqua di alcuni pozzi nel territorio del rione S. Andrea. Con questo non si vuole affermare che la causa sia l’impianto STIR ma non lo si può nemmeno escludere se non se ne accerta la causa.



Sarebbe stato auspicabile e normale, dopo 10 anni di un funzionamento che è stato accertato essere “non regolare”, procedere ad una attenta ed approfondita verifica di eventuali danni ambientali arrecati. Il sito in cui si trova lo STIR di S.Maria Capua Vetere risulta maggiormente a rischio perché negli anni precedenti ha ospitato anche un impianto di compostaggio! E pensare che oggi si pensa di ritornare ad un impianto che tratti l’umido.



Per gli assertori della tecnologia all’ultimo grido che si sforzano di spostare il problema sulla corretta gestione piuttosto che sulla tipologia degli impianti e sul processo, si deve ricordare cosa si verificò quando fu espletata la gara per la costruzione e gestione dei CDR. La valutazione tecnica ottenuta dal progetto presentato da ATI-FISIA ITALIMPIANTI S.p.a risultò il più basso tra quelli presentati ma si aggiudicò la gara perché offriva un costo di lavorazione più basso. Anche allora si parlava di tecnologia all’avanguardia e i risultati oggi li conosciamo tutti ma potevano benissimo essere previsti già allora.



Per quanto riguarda le quote di ristoro mai incassate i cittadini aspettano ancora una spiegazione!



Quale strumento di controllo è stato messo al servizio del cittadino?



Prof. V. De Felice