Santa Maria Capua Vetere . Dopo la procura di Roma, adesso anche il consiglio superiore della magistratura tributaria apre un procedimento, ma disciplinare nei confronti dell’ex procuratore della repubblica di Santa Maria Capua Vetere. La notizia trae fondamento dal rinvio a giudizio eseguito il 19 febbraio 2010 dal tribunale di Roma e per esso dal giudice delle indagini preliminari Maurizio Silvestrini del tribunale di capitolino. Due anni fa Mariano Maffei, il procuratore di Santa Maria Capua Vetere firmò l’arresto di Sandra Lonardo, con conseguenti dimissioni del marito e allora ministro della Giustizia, Clemente Mastella e caduta del governo Prodi. La sua intervista diventò un cult su YouTube, che l’ex Guardasigilli definì «una macchietta». Il 10 dicembre scorso il pm di Roma Giancarlo Amato ne aveva chiesto il suo rinvio a giudizio, per abuso d’ufficio e calunnia. In sostanza si rese protagonista di una denuncia per falso e abuso d’ufficio al suo aggiunto Paolo Albano e il sostituto Filomena Capasso, per una storia di indagini inadeguate da parte della polizia giudiziaria legate a un’inchiesta su un medico ospedaliero. L’ex procuratore capo Maffei l’avrebbe fatto «in totale assenza di qualsiasi elemento accusatorio» e, scrive il pm, «pur conoscendo l’innocenza dei predetti magistrati» e «cagionando intenzionalmente ingiusto danno». Un episodio che secondo la magistratura inquirente, trova «semmai giustificazione in precedenti dissidi personali e professionali» con i suoi colleghi.
Della faida interna alle toghe sammaritane si era già parlato già nel 2006 e nel 2007 sia quando scoppiò l’esplosiva inchiesta che travolse i coniugi Mastella e mezza Udeur campana sia dopo, quando fioccarono gli esposti contro Maffei e tre suoi «fidati» sostituti, da parte di altri procuratori che denunciavano indagini illecite su di loro, metodi scorretti di gestione dell’ufficio, «un clima insostenibile di sospetti e di comportamenti vessatori». Insomma, una forma di accanimento verso quei magistrati che non erano per così dire in linea con la direzione Maffei.
Bisogna anche affermare che i fatti e gli episodi si fermano alla venuta del nuovo procuratore capo Corrado Lembo che non ha niente a che vedere con gli episodi pregressi, anche perché non c’era . Della guerra fra magistrati e delle accuse di mobbing, inchieste e denunce, si erano già occupati l’ispettorato del ministero della Giustizia, la Procura generale di Napoli e il Consiglio superiore della magistratura, ma Maffei nel mezzo della bufera ha tagliato la corda e aveva avuto un incarico dalla magistratura tributaria per presiedere la commissione regionale nel capoluogo partenopeo . Le indagini giudiziarie, erano andate avanti, ma non si erano mai fermate, e per competenza le ha fatte la procura di Roma. Qualche giorno fa il pm Amato aveva firmato una richiesta di rinvio a giudizio di cinque pagine, dalle quali emerge un quadro inquietante di quanto è successo per lungo tempo nella Procura di Santa Maria Capua Vetere. In sostanza, il pm ha convinto il gip che Maffei avesse «punito» per altri motivi i due pm Albano e Capasso, evidentemente non in sintonia con lui, facendoli finire sotto indagine senza motivo e ben sapendo che le sue accuse non poggiavano su nulla di concreto. Una mossa del tutto strumentale, dunque. Maffei sceglieva gli obiettivi da perseguire e i soggetti da indagare. E c’è chi ha criticato l’operato del compianto giudice e persona amabilissima Lello Sapienza.
Della faida interna alle toghe sammaritane si era già parlato già nel 2006 e nel 2007 sia quando scoppiò l’esplosiva inchiesta che travolse i coniugi Mastella e mezza Udeur campana sia dopo, quando fioccarono gli esposti contro Maffei e tre suoi «fidati» sostituti, da parte di altri procuratori che denunciavano indagini illecite su di loro, metodi scorretti di gestione dell’ufficio, «un clima insostenibile di sospetti e di comportamenti vessatori». Insomma, una forma di accanimento verso quei magistrati che non erano per così dire in linea con la direzione Maffei.
Bisogna anche affermare che i fatti e gli episodi si fermano alla venuta del nuovo procuratore capo Corrado Lembo che non ha niente a che vedere con gli episodi pregressi, anche perché non c’era . Della guerra fra magistrati e delle accuse di mobbing, inchieste e denunce, si erano già occupati l’ispettorato del ministero della Giustizia, la Procura generale di Napoli e il Consiglio superiore della magistratura, ma Maffei nel mezzo della bufera ha tagliato la corda e aveva avuto un incarico dalla magistratura tributaria per presiedere la commissione regionale nel capoluogo partenopeo . Le indagini giudiziarie, erano andate avanti, ma non si erano mai fermate, e per competenza le ha fatte la procura di Roma. Qualche giorno fa il pm Amato aveva firmato una richiesta di rinvio a giudizio di cinque pagine, dalle quali emerge un quadro inquietante di quanto è successo per lungo tempo nella Procura di Santa Maria Capua Vetere. In sostanza, il pm ha convinto il gip che Maffei avesse «punito» per altri motivi i due pm Albano e Capasso, evidentemente non in sintonia con lui, facendoli finire sotto indagine senza motivo e ben sapendo che le sue accuse non poggiavano su nulla di concreto. Una mossa del tutto strumentale, dunque. Maffei sceglieva gli obiettivi da perseguire e i soggetti da indagare. E c’è chi ha criticato l’operato del compianto giudice e persona amabilissima Lello Sapienza.