Armi dalla Slovenia, cinque ordinanze di custodia cautelare in carcere per traffico illecito di armi. L’operazione è stata condotta dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, ma nasce da un’altra indagine della procura di Roma. . Tra gli arrestati anche il direttore di un museo, armieri e periti. Le misure restrittive sono state eseguiti dai carabinieri nelle province di Caserta, Roma, Isernia e Firenze e riguardano Gabriele D'Addio, di 54 anni di Santa Maria Capua Vetere, già titolare di un'armeria ed inserito nell'elenco dei periti e consulenti del Tribunale e Procura della repubblica; Filippo Sparacino di 52 anni, di Scapoli (Isernia) e Giovanni Capone, di 50 anni, di Pesche (Isernia), titolari di un museo di armi antiche; Paolo Del Bravo, di 58 anni, di Roma, titolare di un armeria nella capitale; Gabriele Giovannardi, di 55 anni di Fiorenzuola (Firenze), titolare di una ditta per la costruzione, disattivazione ed inertizzazione di armi da guerra. L'operazione, nasce dall'indagine che nell'ottobre dello scorso anno portò all'arresto, per detenzione di armi illegale del giudice di indagini preliminari del tribunale di Bari, Giuseppe De Benedictis, poi sospeso dal Consiglio superiore della Magistratura, e del giudice di pace casertano Antonio Leone, quest'ultimo indagato, a Roma, anche per falsi incidenti stradali liquidati in danno di compagnie assicurative. Il ruolo di primissimo piano, secondo i magistrati inquirenti nel traffico di armi sarebbe stato ricoperto da Gabriele D'Addio, già perito del tribunale di Santa Maria Capua Vetere che una volta abbassata la saracinesca dell’esercizio commerciale negozio di armi, sempre secondo gli inquirenti aveva realizzato nella propria abitazione un laboratorio nel quale venivano assemblate parti di armi confiscate o formalmente distrutte o disattivate, e realizzate nuove e più potenti da rivendere sul mercato clandestino. In realtà erano armi in disuso che provenivano dalla Slovenia e che D'Addio avrebbe creato cloni delle armi che cedeva illecitamente facendole risultare come donate al museo di armi antiche di Isernia affidando poi ai due responsabili dello stesso museo l'onere di regolarizzare, anche mediante false attestazioni rilasciate da Giovannardi, la regolarità della detenzione del materiale esposto. Un altro canale di approvvigionamento di armi da rivendere sul mercato clandestino era assicurato a D'Addio ed a Leone - ancora in carcere - dall'armeria romana di un certo Paolo Del Bravo, sequestrate nel corso delle indagini e nella quale gli investigatori accertarono la mancanza di 280 armi tra fucili, mitragliette, pistole, carabine, regolarmente registrate ma non nella disponibilità dell'armiere.
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DALLO STRALCIO DEL MESSAGGIO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA GIORGIO NAPOLITANO
ROMA 22 APRILE 2013
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DALLO STRALCIO DEL MESSAGGIO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA GIORGIO NAPOLITANO
ROMA 22 APRILE 2013
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