Giustizia Negata a chi non si è potuto costituire in sede penale
STRASBURGO, 18 MAR - L'Italia ha violato il diritto a un equo processo di Vincenzo Petrella, avvocato ed ex presidente della squadra di calcio Casertana, perché "a causa della condotta negligente delle autorità l'uomo non ha potuto far statuire sulle sue richieste di risarcimento per diffamazione da un tribunale penale". Lo sostiene la Corte europea dei diritti umani nella sentenza di condanna dell'Italia, in cui è stabilito che il Paese dovrà risarcire all'uomo 5.200 euro per danni morali e 2 mila per spese legali. Il caso riguarda la denuncia penale che Vincenzo Petrella ha sporto contro il Corriere di Caserta per diffamazione il 28 luglio 2001. Il giornale aveva pubblicato qualche giorno prima una serie di articoli in cui Petrella era accusato di frode e corruzione. Petrella voleva costituirsi parte civile nel processo penale per diffamazione e reclamare circa 5 milioni di euro per i danni subiti. Ma non ha mai potuto farlo, perché le autorità hanno impiegato circa 5 anni e 6 mesi per le indagini preliminari, il reato è caduto in prescrizione, e il giudice ha deciso un non luogo a procedere. I togati di Strasburgo affermano che le indagini preliminari hanno "violato il requisito di durata ragionevole", evidenziando anche che il caso non era particolarmente complesso, e che durante i 5 anni e 6 mesi non è stata condotta alcuna attività investigativa. Inoltre nella sentenza la Corte indica che i diritti di Petrella sono stati violati anche perché l'uomo non aveva alcun ricorso a disposizione per far velocizzare la procedura