Nel cuore di San Leucio si torna a tessere la seta. Sulle
ceneri, infatti, di quello che fu l’ultimo e forse il più antico opificio
presente nella Real Colonia di Ferdinando IV di Borbone e, cioè, nei capannoni
dell’allora Aos (Antico opificio serico) con il prossimo dicembre torneranno nuovamente
in funzione i telai.
L’operazione di reinsediamento (le sopravvissute fabbriche
del luogo, infatti, hanno delocalizzato gli impianti ormai già da diversi
lustri) è stata resa possibile grazie all’intervento di una famiglia di
imprenditori casertani: il Gruppo Letizia Spa.
Ma prima ancora che industriale – è forse il caso di dire – l’operazione
si presenta soprattutto come una sfida culturale.
Imprenditori da circa mezzo secolo, infatti, i Letizia – quattro
stabilimenti di cui uno in Serbia e un altro in Brasile, 200 dipendenti e 22
milioni di fatturato – spaziano dall’attività di impiantistica (è del 1986 la
nascita della prima azienda di progettazione e realizzazione on-site di impianti
elettrici industriali), alla chimica, al packaging per l’automotive: settori,
questi ultimi, in cui oltre ad essere fornitori di primari player mondiali (uno
per tutti, Fiat Chrysler Automotive) i Letizia vantano anche prestigiose
partneship con importanti gruppo multinazionali.
Ma veniamo al “Setificio Leuciano”, questo il nome della
società a responsabilità limitata fortemente voluta da Bartolomeo Marco
Letizia, amministratore del Gruppo e primogenito del fondatore Gaetano, per
restituire alla Colonia di San Leucio la produzione serica per cui il sito
borbonico è diventato famoso nel mondo. Ma anche, più in generale, per
recuperare semplicemente la vocazione industriale che è nel dna di questo sito,
dal momento che nei piani industriali della famiglia Letizia, oltre al
setificio, è previsto anche un laboratorio di ricerca ed una fabbrica di
componenti in fibre composite. Ma questo è un altro discorso.
“Credo sia un preciso dovere per la nostra famiglia, come
cittadini casertani e come imprenditori che traggono utili e soddisfazioni
imprenditoriali da altre attività, provare a tenere in vita non solo la
tradizione della più pregiata tessitura italiana, ma anche e soprattutto lo
spirito che ha informato la prima industria, non solo casertana, ma dell’intero
Mezzogiorno”, sottolinea Bartolomeo Marco Letizia.
In proposito è appena il caso di precisare, peraltro, che il
Gruppo Letizia Spa non è subentrato nella produzione all’Aos – opificio da
ultimo ridotto a poco più di una testimonianza di archeologia industriale –
bensì ha acquistato in sede di asta giudiziaria da fallimento i soli immobili,
che ora torneranno, appunto, per una parte, alla produzione serica originaria
e, per l’altra, come accennato, a una diversa attività industriale.
I due siti produttivi, invero, sono ormai in avanzato stato
di ristrutturazione, mentre il Setificio Leuciano ha già aperto al pubblico l’ala
dello showroom, che tra l’altro si propone come vero e proprio atelier non solo
per l’esposizione e la vendita delle pregiate stoffe, ma anche per la
realizzazione – ma su questo aspetto c’è ancora il massimo riserbo da parte
della proprietà – di complementi di moda e di arredo tailored.
Affidato alla direzione di Rosaria Letizia e Daniela Dattero
il Setificio Leuciano srl, in questa prima fase, occuperà una ventina di
persone tra dirette e indirette. Peraltro, precisa ancora Marco Letizia “al
fine di non disperdere la memoria storica del sito e talune professionalità altamente
specializzate abbiamo già avviato una proficua
collaborazione con le maestranze che sono ancora in età attiva”.
Mentre Rosaria Letizia aggiunge: “Il progetto del Setificio
Leuciano nasce dal profondo legame che vogliamo continuare ad avere con il
territorio e, dunque, dalla ferrea volontà di valorizzare le sue eccellenze, e
dalla passione per l’arte e l’artigianato di qualità. Oltre alla produzione
tipica leuciana, perciò, è idea comune all’interno dell’azienda di voler creare
un’alternativa originale al consueto design tessile. Insomma, vorremmo trovare
un giusto equilibrio tra antico e moderno, attraverso al ricerca storica e il
recupero delle tecniche tradizionali, ma senza perdere di vista l’attuale e
complessa realtà”.