Il de cuius era morto senza essere stato condannato per camorra – Garofalo: I morti li giudica solo il Padreterno -
S. Maria C.V. - L’8° Sezione del Tribunale del Riesame di Napoli, ha accolto pianamente le tesi difensive degli avvocati Giuseppe Garofalo e Mario Murone ( quest’ultimo professore di procedura penale alla Sapienza di Roma e già primo procuratore dello studio di Carlo Taormina ) ed ha disposto il dissequestro di tutti i beni degli eredi di Dante Passarelli ( società, stabilimenti, una discoteca, vari plessi immobiliari, la Tenuta Agricola ex Cirio “La Balzana” in tenimento di S. Maria La Fossa e lo stabilimento sito in Pignataro Maggiore, della Spa “Commerciale Europea” che impacchetta zucchero e commercializza con il marchio Kerò.
Il provvedimento di sequestro era stato eseguito nei giorni scorsi, in via preliminare, per l’accusa esistente nei confronti di Franco Passarelli ( attualmente nel carcere di Reggio Calabria ) e marito della titolare dello stabilimento Kerò. Un atto dovuto, dicono i giudici, per la accuse a Franco e Biagio Passarelli di essere i fili di collegamento tra il clan Farina e quello dei casalesi per una storia di estorsioni perpetrate a Maddaloni nei confronti del Supermercato Alvi. Inoltre tutti gli immobili erano stati sottoposti a sequestro preventivo sul presupposto che il capostipite Dante Passarelli era stato un affiliato al clan dei casalesi.
Di parere nettamente contrario i difensori ( in particolare Giuseppe Garofalo difensore storico della famiglia Passarelli ) i quali hanno sostenuto che “Il sequestro non aveva fondamenta né in fatto né in diritto e si rifaceva a fatti di 15 anni fa che davano per scontati quanto non lo erano. L’Accusa partiva dal presupposto che il defunto Dante Passarelli, genitore degli attuali destinatari del sequestro – fosse un associato a delinquere e che tutti i suoi beni, tra cui ce ne erano alcuni acquistati oltre 30 anni fa, fossero proventi di delitto. Il presupposto era infondato – ha sostenuto Giuseppe Garofalo – perché Dante Passarelli era stato accusato di associazione a delinquere nel processo Spartacus ma non era stato condannato perché deceduto nelle more. In pratica l’accusa pretendeva che il Tribunale facesse quello che non aveva potuto fare il processo, chiedeva in pratica il processo ad un morto, laddove i morti possono essere giudicati solo dal giudice Supremo”.
“E’ una vera e propria persecuzione” – ha affermato l’avvocato Mario Murone si può definire camorrista e appartenente al clan dei casalesi un imprenditore che ha pagato il “pizzo”?
E’ questa purtroppo la realtà di Franco Passarelli, accusato di estorsione, per conto dei clan Carfora e Casalesi, nei confronti di un supermercato Alvi di Maddaloni, laddove invece non ha fatto altro che pagare la tangente che era stata richiesta ai titolari della Alvi. Ma il Passarelli ha dovuto subire il danno e la beffa. L’Alvi, infatti, è fallita e ha lasciato un debito nei confronti della Commerciale Europea di circa 750mila euro per forniture di zucchero. Altro che camorristi.
Nessun pubblico ministero si è brigato di chiamare i Passsarelli e confrontarfe le dichiarazioni di un pentito che ha raccontato per filo e per segno che Franco e Davide Passarelli sono stati sequestrati dal clan Setola e portati al cospetto del capo in un ristorante del lago Patria, dove sono stati minacciati di morte se non avessero sborsato subito 100 mila euro. Soldi che sono stati poi recapitati ai camorristi previa colletta tra usurai.
Nessuno ha chiesto ai Passerelli come mai, il giorno precedente al loro sequestro, 120 colpi di Kalashnikov avevano sfondato le vetrine del supermercato fittato alla MD. Nessuno ha chiesto a loro se avevano avuto minacce di morte perché non aveva sborsato le tangenti richieste. E si parla di famiglia camorrista? Ma se fossero stati tali non avrebbero subito botte da orbi da tutti i reggenti dei clan succedutisi alla guida della Camorra S.p.A.
LE CONSIDERAZIONI DI FERDINANDO TERLIZZI
Non intendo fare il difensore dei Passarelli, non ne hanno bisogno, perché gli avvocati sono bravi e preparati ma nessuno si è mai chiesto perché un custode giudiziario, tal Ulderico Catania ha fatto fallire la Dante Passarelli e Figli ( che aveva crediti per miliardi per forniture di pasti all’ASL di Aversa ) ed ha buttato sul lastrico centinaia di operai?
Nessuno si è chiesto che l’azienda di Gomorra ( come ama chiamarla una autorevole collega giornalista ), la Balzana, appunto è stato acquistata con rate pagate dal custode giudiziario Aristide Cassella e che ha debiti per miliardi di lire. Nessuno si è chiesto che il Parco di Corso Aldo Moro a S. Maria C.V. ha debito con il Monte dei Paschi di Siena per miliardi e che fu acquistato con una quota di mutuo che ancora non è stata pagata?
Nessuno si è chiesto perché alcuni giornali ( e libri ) continuano a scrivere che Dante Passarelli è stato ucciso dal clan o addirittura dai familiari. Nessuno si va a leggere una sentenza, passata in cosa giudicata, che ha definitivamente stabilito che si trattò di una disgrazia? Ma lo sapete che la Guardia di Finanza, in un rapporto definì Franco Passarelli “vicino al clan di Casalesi” per il semplice motivo che….”Aveva celebrato la festa delle sue nozze in un ristorante dove il custode era il fratello, del cognato dello zio… di Sandokan”?.
Purtroppo qui, da noi, spesso si è vittime di un teorema. che fa di tutta l’erba un fascio. E chi ci perde di credibilità in questi casi è purtroppo la giustizia. E’ il teorema che io nel mio libro ( Il delitto di un uomo normale ) ho definito il teorema del cornuto.