Odissea fra due strutture sanitarie e due procedimenti
giudiziari, di cui uno ancora in corso
CASERTA - A distanza di dodici anni dai fatti, i figli e la moglie
di un uomo che all’epoca dei fatti aveva 71 anni, attendono ancora che sia
fatta luce sulla morte del proprio congiunto deceduto in una clinica casertana,
dopo un precedente ricovero presso una struttura sanitaria del Napoletano. Ad
oggi, dopo un processo penale che ha visto l’archiviazione della posizione di
quattro medici e la relazione di un perito che ha indicato quale responsabile
del decesso una struttura clinica privata di Maddaloni, è ancora in corso un
processo civile per danni e risarcimento avviato nel 2017 davanti al tribunale
di Santa Maria Capua Vetere. Il procedimento riguarda la morte di Felice De
Cristofaro, originario di Recale (Caserta), deceduto nella clinica San Michele
di Maddaloni nel febbraio del 2010 a causa di una infezione contratta nella
struttura. I familiari dell’uomo che, oltre alla perdita del loro congiunto
hanno dovuto impegnare anche risorse economiche per le consulenze da affidare a
propri periti, attendono ora impazienti l’udienza fissata alla fine di aprile
per conoscere il contenuto della relazione del consulente del giudice civile,
dopo uno slittamento del novembre dello scorso anno. Dopo un tentativo di
mediazione non andato a buon fine, i familiari (la moglie Maria Teresa
Gentiluomo ed i figli Maria Grazia e Giampiero De Cristofaro) hanno proceduto
ad avviare un’azione legale civile contro la clinica San Michele di Maddaloni.
Azione legale con la quale chiedono al giudice, tramite il loro legale, di
accertare due profili di responsabilità. Da un lato, la carenza assistenziale
imputabile alla struttura che avrebbe consentito causato un’infezione polmonare
ospedaliera contratta all’interno della struttura determinando poi la
insorgenza della sepsi che ha portato alla morte del paziente e, dall’altro, la
negligenza di sottoporre il paziente, nel caso di pregressa infezione, ad un
intervento cardiochirurgico, pure in presenza di neutrofilia, senza dunque
indagare preventivamente sulle cause dell’alterazione dei valori e senza
attendere un miglioramento del quadro clinico del paziente medesimo.
Circostanza, scrive il legale della famiglia De Cristofaro, che porterebbe
anche alla ulteriore responsabilità della Casa di Cura San Michele per una
ipotesi di lesione del diritto alla autodeterminazione del paziente, ‘derivante
dalla mancata rappresentazione a quest’ultimo della esistenza di un quadro
clinico alterato già prima dell’intervento chirurgico e dalla conseguente
esistenza di rischi esponenzialmente maggiori derivanti dalla esecuzione di un
intervento, in presenza di un quadro clinico alterato per la presenza di
neutrofilia’. Un aspetto che riguarda la sottoposizione alla firma di un
consenso informato ritenuto ‘vago’ o ‘incompleto’. De Cristofaro fu ricoverato
prima in una clinica della provincia di Napoli e poi trasferito da lì alla San
Michele: si trattava di eseguire un intervento di angioplastica coronaria
(sostituzione valvolare aortica) e una rivascolarizzazione miocardica ma l’uomo
finì in terapia intensiva fino al decesso. Nessuno potrà restituire il signor
Felice alla famiglia che pretende però giustizia per individuare la reale
responsabilità di quella morte. Ovviamente, i legali della clinica portano
avanti le loro tesi difensive ma la vicenda ha causato nel frattempo anche un
danno biologico ad uno dei figli