La Rete fornisce accessi preziosi alla politica, inedite possibilità individuali di espressione e di intervento politico e anche stimoli all'aggregazione e manifestazione di consensi e di dissensi. Ma non c'è partecipazione realmente democratica, rappresentativa ed efficace alla formazione delle decisioni pubbliche senza il tramite di partiti capaci di rinnovarsi o di movimenti politici organizzati, tutti comunque da vincolare all'imperativo costituzionale del "metodo democratico".

DALLO STRALCIO DEL MESSAGGIO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA GIORGIO NAPOLITANO
ROMA 22 APRILE 2013


email
procecere@alice.it
procecere@virgilio.it



Visualizzazioni secondo Google dal 2009

mercoledì 20 dicembre 2017

IL CONSIGLIO DI STATO SENTENZIA – A SANTA MARIA CAPUA VETERE LE AREE INDUSTRIALE NON POSSONO ESSERE CAMBIATE IN AREE COMMERCIALI IL PRG NON LO PREVEDE . LA GIUNTA MUNICIPALE DI MURO AVEVA VISTO BENE DAL 2011 AL 2015



Nessuno si sarebbe mai immaginato che il piano regolatore generale stilato nel 1983 dall’ingegnere Giuseppe Merola potesse essere uno strumento urbanistico così blindato. Anche il Consiglio di Stato  con sentenza del 5 dicembre 2017, che pubblichiamo integralmente perché il documento passerà alla storia giudiziaria amministrativa,   estensore , guarda caso, il Giudice Carlo Schilardi ex Prefetto di Caserta, ha ritenuto,  nonostante la Regione Campania e noti faccendieri e speculatori si volevano impossessare di terreni industriali per costruirci centri commerciali  e il piano casa, di rigettare il ricorso della Cooperativa al Risparmio che aveva  chiesto al comune  di Santa Maria Capua Vetere di aprire una attività commerciale in un area industriale dismessa sfruttando anche un parere della Regione Campania. La giunta municipale di Santa Maria Capua Vetere di cui l’architetto Biagio Maria  Di Muro ne era il sindaco, aveva visto giusto in quanto già il tar aveva in ogni caso dato ragione già nel 2015 al Comune di Santa Maria Capua  Vetere. E’ inutile dire che l’avvocato Pasquale Iannuccilli che aveva difeso il Comune aveva avuto già ragione in primo grado . La battaglia iniziata già nel 2011  è durata per ben 4 anni fermando gli speculatori che volevano distruggere Santa Maria Capua Vetere e i figli che verranno . Con questa sentenza si è messa la parola fine ad una querelle che ha visto schierarsi autorevoli personaggi politi dell’opposizione che sfruttando pennivendoli i quali non hanno fatto che narrare cose inesatte . ora sta al comune di santa Maria Capua Vetere   con in prima linea  il Sindaco Antonio Mirra farne tesoro di ciò che ha stabilito il Consiglio di Stato nel comune di Capua Antica fermando i suoi presupposti sul piano regolatore generale stilato nel 1983 dall’ingegnere Giuseppe Merola.
 Sciogliendo ogni dubbio pubblichiamo qui sotto integralmente la sentenza n.9020/2017, pubblicata il 20/12/2017






N. 05984/2017REG.PROV.COLL.
N. 09020/2016 REG.RIC.
logo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9020 del 2016, proposto dalla Società Cooperativa Al Risparmio di Santa Maria Capua Vetere, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Luigi Adinolfi, con domicilio eletto presso lo studio legale Rosati Bei Anna in Roma, via Ovidio n. 10; 
contro
il Comune di Santa Maria Capua Vetere in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Pasquale Iannuccilli, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Lima n. 7; 
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE III n. 03206/2016, resa tra le parti, concernente l’ammissibilità della S.C.I.A. per l’apertura di una media struttura commerciale.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Santa Maria Capua Vetere;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2017 il Consigliere Carlo Schilardi e uditi per le parti l’avvocato Adinolfi e l’avvocato Conticiani per Iannuccilli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO
1.- La Società Cooperativa al Risparmio di Santa Maria Capua Vetere (nel seguito società cooperativa) è affittuaria di un capannone industriale di proprietà della Biel Company s.r.l, sito nel comune di Santa Maria Capua Vetere in località Cappuccinelle.
L’area su cui insiste detto immobile, dal Piano Regolatore Generale (P.R.G.) del Comune è classificata omogenea “D”, a destinazione industriale; sulla stessa area insistono diversi capannoni costruiti a partire dagli anni 50, anche in deroga alle norme urbanistiche comunali e legislative, a fronte dell'importanza dell’attività industriale svolta nell'area dall'Italtel (ex Siemens).
A seguito della dismissione dell'attività industriale, la società proprietaria e i suoi affittuari hanno presentato una molteplicità di S.C.I.A., concernenti ciascuna singoli capannoni industriali o parti di essi, ma non l'intero insediamento.
Anche la Società Cooperativa al Risparmio di Santa Maria Capua Vetere presentava in data 6 maggio 2015 all'Ufficio Tecnico del Comune di Santa Maria Capua Vetere, una S.C.I.A. per lavori destinati all'apertura di una media struttura commerciale all’interno del capannone.
1.2. Con nota n. 16353 del 3 giugno 2015, l'Ufficio tecnico di Santa Maria Capua Vetere comunicava alla società interessata il preavviso di diniego, ai sensi dell’art 10-bis L. 241/1990, ritenendo la S.C.I.A. irricevibile.
1.3. La società cooperativa impugnava innanzi al T.A.R. per la Campania detto preavviso (ricorso n. 4144/2015) e, in data 16 luglio 2015, trasmetteva le proprie controdeduzioni, alle quali il comune rispondeva con il provvedimento n. 0025255 del 31 agosto 2015 del dirigente S.U.A.P. di dichiarazione di irricevibilità della S.C.I.A..
Il Comune di Santa Maria Capua Vetere, con provvedimento del dirigente S.U.A.P. n. 0025255 del 31 agosto 2015, replicava alle osservazioni presentate dalla società cooperativa, confermando il diniego della S.C.I.A..
Avverso tale ultimo provvedimento la società cooperativa proponeva un nuovo ricorso innanzi al T.A.R. per la Campania, assumendo di aver superato i profili di illegittimità evidenziati dal Comune, avendo depositato, in data 12.6.2015, la documentazione che l'ufficio tecnico comunale aveva rilevato essere mancante all'atto della presentazione della S.C.I.A.
1.4. Il T.A.R. con sentenza n. 3206 del 22 giugno 2016 ha rigettato il ricorso ritenendo infondate le censure avanzate dalla società cooperativa.
Avverso la sentenza la società cooperativa Al Risparmio di Santa Maria Capua Vetere ha proposto appello.
Si è costituito in giudizio il Comune di Santa Maria Capua Vetere che ha chiesto di rigettare l'appello.
All'udienza pubblica del 5 dicembre 2017 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
2. Con un primo motivo l'appellante lamenta l'erroneità della sentenza del T.A.R. nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto che la documentazione allegata alla S.C.I.A. fosse incompleta e che, conseguentemente, non fosse censurabile la dichiarazione di irricevibilità della stessa opposto dal Comune.
L'appellante sostiene che il Comune avrebbe affermato in modo generico che la documentazione prodotta a corredo della S.C.I.A. fosse insufficiente e che con i documenti integrativi, trasmessi in data 12 giugno 2015 aveva, comunque, "assolto l'onere di corredare la S.C.I.A. di tutti gli elementi istruttori, realizzando dunque tutti i presupposti per considerarla ricevibile".
2.2. Diversamente, la difesa del Comune insiste nel sostenere che i documenti mancanti erano stati indicati nel preavviso di irricevibilità della S.C.I.A. e richiamati nell'atto di diniego della stessa del 31 agosto 2015 e in ogni caso, che alcuna integrazione documentale avrebbe potuto validare la S.C.I.A., essendo la stessa un'autodichiarazione che legittima i lavori e, in quanto tale, doveva essere necessariamente presentata completa in ogni suo elemento.
2.3. La tesi dell'appellante non può essere condivisa. Nel provvedimento del 3 giugno 2015 n. 16353, infatti, sono elencati i documenti mancanti e non allegati alla S.C.I.A., che per la loro ritualità dovevano essere conosciuti anche dall'istante, documenti che sono stati, poi, prodotti in via successiva il 12 giugno 2015.
Come evidenziato dal T.A.R., inoltre, l'Amministrazione ha fondato la legittimità del diniego e l'irricevibilità della S.C.I.A. non solo sulla mancata produzione per tempo della documentazione necessaria alla formazione del silenzio significativo, ma anche perché era necessario rispettare gli standard urbanistici previsti nella zona "D"industriale in sé e con riferimento alle strutture commerciali insistenti su aree superiori a 8000 mq, nonché per l'intervenuta violazione dell'art 23 T.U. del DPR. n. 380/2001 sul cambio di destinazione rilevante.
3. Con altra articolata censura l'appellante lamenta l'erroneità della sentenza del T.A.R. laddove il Tribunale ha ritenuto infondati il secondo, terzo e quarto motivo del ricorso originario e assume che per le strutture presenti nella zona D, il S.I.A.D. legittimerebbe l’allocazione di strutture commerciali in edifici aventi destinazione industriale e, in particolare che il provvedimento impugnato violerebbe le previsioni del S.I.A.D. e dell’art. 15, comma 1, della legge regionale n. 1 del 9 gennaio 2014, secondo cui “l’insediamento degli esercizi di vicinato è ammesso in tutte le zone territoriali omogenee comunali, ad eccezione di quelle per le quali lo strumento urbanistico generale espressamente ne vieta la realizzazione”.
Le norme di attuazione dello strumento urbanistico (N.T.A.) lascerebbero intendere, poi, che l’intervento richiesto non sarebbe vietato in alcuna delle zone omogenee “A”, “B”, “C”, “D” e non sarebbe necessario approvare preventivamente un piano urbanistico attuativo per assentire la S.C.I.A., essendo tale piano richiesto per interventi superiori a mq 10.000, laddove quello da realizzare prevede uno sviluppo non superiore a mq 8.000.
Il T.A.R., infine, non avrebbe considerato che il P.R.G. del Comune di Santa Maria Capua Vetere prevede distinte zone "D", quelle "esistenti" e quella di "nuova individuazione" e che le norme del S.I.A.D. (strumento di intervento per l’apparato distributivo) prevedono per le zone già "esistenti" (come nel caso di specie) la destinazione commerciale in adeguamento al P.R.G., con intervento diretto (per cui è sufficiente la S.C.I.A. per l'allocazione nell'area di una media struttura commerciale) mentre per le zone di nuova individuazione è necessaria una specifica variante al P.R.G..
L'appellante a sostegno della propria tesi richiama due sentenze del T.A.R. Campania (n. 5149/2016 e n. 727/2014) che, in casi analoghi, si sarebbe determinato in maniera opposta a come si è pronunciato nel presente giudizio.
3.2. Orbene, il Collegio osserva che, come evidenziato dalla difesa del Comune, il richiamo alla sentenza del T.A.R. Campania n. 5149/2016 non si attaglia al caso in trattazione, in quanto nella stessa oggetto del contendere è la zona "F" del Comune di Caserta, la cui compatibilità commerciale è prevista anche dal P.R.G..
Parimenti inconferente è il richiamo alla sentenza n. 727/2014 della Sezione di Salerno del T.A.R. Campania, non ricorrendo anche in quel caso alcun conflitto con la pianificazione urbanistica.
Diversamente, nel caso di specie l’area in questione è regolata dall’art. 28 delle norme tecniche di attuazione del Piano Regolatore vigente, che disciplina le zone D e D-PIP, destinandole ad insediamenti industriali e artigianali e ad attrezzature mercantili all'ingrosso, mentre l'art. 24 delle N.T.A. al P.R.G. disciplina separatamente le aree commerciali da quelle industriali.
Ed è da escludere che il S.I.A.D. possa modificare le N.T.A. del P.R.G. non potendo esso contrastare con la pianificazione generale che è, invece, chiamato ad integrare, mentre, come rilevato dal T.A.R., va evitato che la differenza di indici e di regolamentazione tra le zone "D" e le zone "G" commerciali possa determinare un sostanziale disordine edilizio.
La delibera della Giunta Regionale n. 349 del 19 marzo 2005, concernente il visto di conformità del S.I.A.D. del Comune di Santa Maria Capua Vetere, malgrado le incertezze presenti nel corpo del provvedimento, nella parte dispositiva evidenzia inequivocabilmente che “gli insediamenti di attività commerciali, ricadenti su aree non conformi agli strumenti urbanistici vigenti, saranno possibili o attraverso i procedimenti di variante così come previsto dalla normativa vigente o in presenza di nuova pianificazione urbanistica....”.
3.3. Per quanto esposto, non può ragionevolmente ritenersi che la S.C.I.A. sia passibile di modificare la destinazione dell'area, in contrasto con le previsioni delle N.T.A. del P.R.G. e che possa superare il disposto dell'art. 23-ter del D.P.R. n. 380/2001, che prevede allo scopo il rilascio di uno specifico permesso di costruire, assistito da relativa procedura in variante.
Giova evidenziare che a termini dell’art. 23-ter del D.P.R. n. 380/2001 la richiesta di cambio di destinazione di un immobile da categoria produttiva a commerciale, determina un mutamento "rilevante", con le implicazioni in termini di carichi urbanistici e di impatto sul territorio che esso comporta, anche per la necessità, nel caso di specie, di procedere al frazionamento di un vastissimo complesso immobiliare, circostanze tutte che il T.A.R. non ha mancato di evidenziare.
3.4. Il Comune, nel negare la ricevibilità della S.C.I.A., ha tenuto conto di ciò e, in particolare, delle prescrizioni della delibera regionale n. 349/2005 (che ha approvato il S.I.A.D.), in cui è detto che nelle aree non conformi al P.R.G. gli insediamenti produttivi possono essere ammessi solo previa variante allo stesso, senza alcuna distinzione tra aree "D" esistenti e aree "D" di nuova individuazione.
Pertanto, al fine di modulare l'insediamento sul territorio di strutture di vendita di rilevante impatto urbanistico in modo armonico, la pianificazione commerciale del Comune ha preso a riferimento le aree omogenee individuate in sede di governo del territorio, perché è la zonizzazione operata a rendere possibile lo sviluppo commerciale in modo coerente con l'assetto urbanistico generale.
In altri termini, il giudizio di compatibilità astratta della struttura di vendita con il territorio nel quale è destinata a sorgere non può che basarsi sull'area omogenea di piano regolatore e quindi nella verifica degli standard urbanistici ivi esistenti.
Il processo di liberalizzazione delle attività commerciali perseguito dall’Unione Europea e dal legislatore nazionale, non consente il superamento delle pianificazioni urbanistiche, frutto di complesse scelte di natura politica e amministrativa, rivolte alla corretta e razionale utilizzazione del territorio e il S.I.A.D. deve essere letto in coerenza con esse.
4. L'appellante contesta, ancora, la sentenza nella parte in cui il Tribunale ha osservato che il Comune, con varie delibere, avrebbe sempre tutelato la destinazione industriale dell'area.
4.2. La censura non coglie nel segno.
Sovviene, al riguardo, la deliberazione n. 17 del 14 maggio del 2014 del Consiglio comunale di Santa Maria Capua Vetere in cui è detto letteralmente che " l'area ex Finmec (già Italtel), oggi assegnata a destinazione urbanistica industriale deve rimanere esclusivamente tale e salvaguardata da interessi speculativi nel redigendo PUC". Dello stesso tenore la delibera n. 29 del 15 maggio 2012, con cui il Comune ha espresso l'intendimento di tutelare la vocazione produttiva industriale dell'area ex Siemens “con esclusione di utilizzare la suddetta area industriale agli eventuali fini dell'applicazione della legge regionale sul Piano Casa".
Pur trattandosi, invero, di enunciazioni di principio, dette delibere manifestano con chiarezza l'orientamento del Comune in tema di assetto territoriale.
4.3. Prive di rilievo sul piano giuridico e tecnico sono le affermazioni presenti nella perizia giurata prodotta dall'appellante e cioè che la zona in cui ricade l'insediamento de quo sarebbe provvista di tutte le opere di urbanizzazione primaria e secondaria e che essa non avrebbe carattere unitario ma sarebbe composta da più particelle disposte su un'area di circa 200 mila mq.
4.4. Al riguardo, a prescindere dalle eccezioni del Comune circa l'ammissibilità della perizia, perché non depositata in primo grado, l’ente locale ha dettagliatamente evidenziato che le urbanizzazioni presenti nell'area sono solo funzionali al vecchio complesso industriale autonomo e indipendente dal contesto circostante. Inoltre gli accessi all'area interamente recintata, per le loro caratteristiche, non consentirebbero l'utilizzazione pubblica diretta delle strade presenti nell'ambito del lotto né vi sarebbero aree di parcheggio a disposizione, fermo restando l’esistenza di un unico ingresso per accedere al capannone da utilizzarsi da parte dalla società Cooperativa.
5. Nessuna contraddittorietà è ravvisabile, infine, in ordine ad un'altra iniziativa assentita e che sarebbe simile a quella richiesta. Al riguardo, infatti, il T.A.R. ha espressamente osservato che in quel caso si trattava di un intervento su un unico lotto, completamente urbanizzato e che l’intervento è stato autorizzato con permesso di costruire e non con semplice S.C.I.A.
In ogni caso, come rilevato dal Comune, eventuali irregolarità pregresse non possono consentire di "continuare a compromettere l'equilibrio urbanistico della città".
6. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in Euro 5000,00 in favore del Comune appellato.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la parte soccombente al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che si liquidano in misura di Euro 5000,00 in favore del Comune di Santa Maria Capua Vetere appellato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2017 con l'intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere
Carlo Schilardi, Consigliere, Estensore
Giuseppe Castiglia, Consigliere
Luca Lamberti, Consigliere


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Carlo Schilardi
Antonino Anastasi