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venerdì 21 febbraio 2014

OPERAZIONE “REVENGE”: 7 ARRESTI PER USURA ED ESTORSIONE. OBBLIGO DI DIMORA PER UN NOTO AVVOCATO.



Alle prime luci dell’alba di oggi, i militari del G.I.C.O. della Guardia di
Finanza di Bari, con la collaborazione di personale del Servizio Centrale
Investigativo Criminalità Organizzata di Roma, hanno dato esecuzione a
sette ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettanti
soggetti, tra cui spicca il nome del pluripregiudicato Fortunato Cosimo del
quartiere Japigia di Bari, di anni 52.
Insieme con Fortunato Cosimo, sono stati attinti dallo stesso provvedimento
restrittivo, Matinelli Michele Giuliano, di anni 31, Fortunato Angelo, di anni
49, Lafirenze Giuseppe, di anni 48, i fratelli, Castoro Salvatore, di anni 43,
Castoro Francesco di anni 47, Castoro Raffaele di anni 42.
Il professionista destinatario dell’obbligo di dimora è, invece, l’avv. Siani
Vincenzo Massimo, di anni 56, di Altamura.
Tutti accusati, a vario titolo, di usura ed estorsione, anche in forma tentata.
Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura
della Repubblica di Bari, prendevano le mosse da una denuncia sporta da
un imprenditore edile vittima di episodi di usura ed estorsione.
L’attività investigativa consentiva di fornire pieno riscontro alle dichiarazioni
rese dalla vittima degli episodi estorsivi e usurari, facendo emergere un
contesto di grave difficoltà economica in cui versava l’imprenditore, tale da
doversi rivolgere, per ottenere liquidità, a Lafirenze Giuseppe ed ai fratelli
Castoro.
In tale contesto la vittima riceveva, in varie soluzioni, 210.000,00 euro in
contanti, a fronte dei quali si impegnava a restituirne oltre 280.000,00 euro a
titolo di soli interessi, con l’applicazione di un tasso che sfiorava il 150% su
base annua.
Gravissimi messaggi intimidatori venivano rivolti alla vittima ed ai suoi
familiari, anche per il tramite di dipendenti dell’impresa edile, allorquando
l’imprenditore si trovava in difficoltà nell’onorare le scadenze imposte dagli
aguzzini.
Al fine di fronteggiare le incalzanti richieste di rimborso dei debiti contratti e
nel vano tentativo di uscire dalla spirale dell’usura, la vittima si vedeva
costretta a cedere diverse autovetture di proprietà.
Non solo, i fratelli Castoro ed il Lafirenze si ingerivano nella gestione
economica dell’azienda sostituendosi nell’incasso dei crediti vantati
dall’imprenditore usurato nei confronti dei propri clienti.
A causa dell’impossibilità di adempiere alle obbligazioni imposte dai propri
aguzzini, la vittima ricorreva ad altri usurai ed in particolare al noto Fortunato
Cosimo, storico luogotenente di Savino Parisi, a lui presentato dal nipote
Fortunato Angelo.
La vittima trovandosi ormai sull’orlo del baratro, al fine di ottenere dal proprio
aguzzino le somme in prestito, lo omaggiava di bottiglie di champagne e di
liquori pregiati per un valore di oltre 2.000,00 euro.
Il Fortunato, collaborato dal fido genero Matinelli, si determinava quindi nel
concedere una prima tranche di prestito pari a circa 200.000,00 euro.
La vittima riceveva dal Fortunato somme per complessivi 350.000,00 euro a
fronte delle quali si impegnava a restituirne quasi 400.000,00 euro di soli
interessi, con un tasso applicato che raggiungeva in taluni casi oltre il 500%
su base annua.
L’imprenditore stretto nella morsa degli usurai stava infine per cedere ai
propri aguzzini un cantiere edile in Toritto (BA) dove sarebbe sorta uno
stabile residenziale.
Ed è proprio tale fase che vedeva il coinvolgimento diretto dell’avvocato
Siani adoperatosi nella predisposizione degli atti concernenti la cessione del
detto cantiere edile.
Presso lo studio legale del citato avvocato, l’imprenditore veniva inoltre fatto
oggetto di un aggressione fisica e verbale da parte di uno dei soggetti vicini
al Fortunato Cosimo per non aver assecondato le richieste avanzate dai
propri aguzzini nelle trattative propedeutiche alla vendita del cantiere.
Al fine di assicurare un’efficace azione di aggressione ai sodalizi criminali,
parallelamente alle indagini di polizia giudiziaria, gli investigatori del G.I.C.O.
del Nucleo pt Bari unitamente ad appartenenti al Servizio Centrale
Investigazione Criminalità Organizzata della Guardia di Finanza (S.C.I.C.O.)
attuavano complesse indagini patrimoniali volte alla sottrazione dei
patrimoni illecitamente accumulati dalla consorteria criminale. Più in
particolare tali attività si sviluppavano attraverso:
- l’incrocio delle risultanze ricavabili dalle banche dati in uso al Corpo
(Anagrafe Tributaria, Camera di Commercio, P.R.A., Catasto) grazie alle
quali è stato possibile tracciare un puntuale ed analitico profilo
patrimoniale dei soggetti indagati e dei loro familiari conviventi;
- l’ausilio di sofisticati sistemi informatici (il noto applicativo “MOLECOLA” –
elaborato dalla Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata)
che hanno consentito di evidenziare una netta sproporzione tra l’elevato
tenore di vita dei soggetti ed i redditi dichiarati da considerarsi sulla soglia
della povertà.
Le indagini poste in essere consentivano di accertare significative
sproporzioni fra le fonti di reddito degli indagati ed il cospicuo valore dei beni
mobili ed immobili nell’effettiva disponibilità degli stessi. Veniva, infatti,
appurato che a fronte di esigue dichiarazioni dei redditi presentate, i soggetti
arrestati avevano la disponibilità di un cospicuo patrimonio composto dai
beni mobili ed immobili posti sotto sequestro.
Più in particolare venivano sottoposti a vincolo cautelare n. 2 unità
immobiliari, n. 1 terreno e n. 5 automezzi, per un valore pari a circa
1.000.000,00 di euro