In questo ultimo periodo sono stato più volte
contattato da esponenti della stampa o da amici che volevano conoscere il mio
parere in merito alla situazione politica a Santa Maria Capua Vetere. Come è noto a coloro che hanno seguito il
mio impegno politico,non è mia abitudine esprimere giudizi sulle persone,invece
quello che mi interessa è l’ analisi dei fatti e delle ragioni che determinato le decisioni, seppur non condivisibili,
assunte dai vari soggetti. Dopo più di trentacinque anni che presto servizio nella Pubblica Amministrazione, sono
sempre più convinto che è necessario che si modifichi la Legge che disciplina
l’elezione del Sindaco e del Presidente della Provincia, al fine di porre un
argine al malgoverno nelle Autonomie
Locali e scongiurare che si continui ad assistere a fenomeni di trasformismo
dettato solo da interessi personali che riducono le Pubbliche Assise in un mercato delle vacche. La situazione sta
degenerando in un modo che potrebbe portare ad irreparabili conseguenze per la
stabilità istituzionale in quanto, con l’affermazione di questa logica, si da sempre maggiore spazio a fenomeni che
facilitano l’affermarsi di interessi di
estrazione malavitosa.
Dopo il referendum che ha portato alla promulgazione
della legge n°81 del 1993, la scelta del Capo dell’Amministrazione fatta
dal Popolo, avrebbe dovuto sottintendere
l’attribuzione di facoltà decisionali più vaste a coloro che sono destinatari dell’incarico
di Sindaco e di Presidente della Provincia, ma “ i soliti compromessi all’Italiana” hanno generato un sistema
ibrido che determina una situazione difficilmente
gestibile. Attraverso questo sistema elettorale il Sindaco o il Presidente
della Provincia non possono governare in quanto, per mantenere la maggioranza
che li sostengono, devono assoggettarsi
ad un continuo ricatto da parte di personaggi che tendono ad affermare
interessi personali o quelli delle lobby che li hanno eletti, invece di perseguire quelli della collettività
che li ha scelti quali loro rappresentanti nei rispettivi Consigli.
A conforto di questa tesi devo ricordare una lettera
che ricevetti in risposta di alcune domande che posi a chi avevo accusato di
non aver rispettato le promesse fatte all’elettorato, nella quale mi fu detto
che quando si governa con l’appoggio di una coalizione, si deve tener conto
delle istanze della diverse anime che la compongono. A questo punto mi viene spontanea
questa domanda : “ A cosa servono questi
Consigli comunali o provinciali se il Popolo che ha la facoltà di scegliere chi
Lo dovrà rappresentare e governare nei cinque anni di mandato non potrà essere
esaudito nelle sue istanze e nelle sua aspettative, solo per motivi di
opportunità?”. Solo ad Popolo il capo dell’Amministrazione Locale dovrebbe rendere
conto e, se non fosse in grado di farlo, dovrebbe rassegnare le dimissioni.
Un altro punto importante, a mio modesto avviso,
riguarda l’abolizione dei controlli sugli atti della pubblica amministrazione,
dettata dalla modifica del Titolo V° della Costituzione. La mancanza dei
controlli ha generato un’anarchia completa e la diffusa inosservanza della
Legge e l’impossibilità di rivolgersi al Prefetto o al Co.Re.Co. per chiedere
l’annullamento di atti che si ritengono illegittimi o viziati, costringendo a
rivolgere istanze alla Magistratura Penale o Amministrativa, con tutti i
risvolti che ciò comporta, anche di ordine economico. Le mie dimissioni dalla
carica di consigliere comunale avrebbero voluto essere uno stimolo affinchè,
attraverso la formulazione di un serio programma politico, composto anche di pochi e qualificanti punti, si
potesse, finalmente pensare agli
interessi della città e non a tirare a campare.
Le
decisioni devono essere prese per cambiare lo stato in cui versa la città, per
troppi anni consegnata nelle mani di speculatori ed di personaggi che l’hanno
svenduta in cambio di misere prebende.
Le mie denunce hanno solo evitato o ritardato il
proliferare di speculazioni che hanno ridotto una città, un tempo fiorente, in
un terreno di conquista di forestieri che vengono a guadagnare nella nostra
città e vanno a spendere il loro guadagno realizzato in altre impoverendo il
tessuto sociale ed economico irreversibilmente.
C’era bisogno e c’è bisogno di una decisa azione
politica di cambiamento volta allo sviluppo reale e non effimero. Il lavoro
deve essere l’obiettivo di chi amministra, non la speculazione edilizia.
Non a caso nel primo consiglio comunale
dell’amministrazione Di Muro, invocai la collaborazione di tutte le componenti
del Consiglio Comunale, al fine di non continuare ad amministrare la città come
lo è stata negli ultimi venti anni. La discontinuità promessa, nei fatti è solo
una chimera. Abbiano perduto un’opportunità di centralizzare le sedi del
Tribunale piegandoci a richieste incomprensibili che dovevano essere rigettate
nel nome dell’interesse superiore della collettività.
Santa Maria muore mentre altre città, amministrate da
persone capaci e responsabili, rifioriscono ed assumono l’importanza che era
propria della nostra città. Il commercio,una
volta nostro vanto, non esiste
più e la città, nelle serate delle feste, ha assunto un aspetto squallido ed
emblematico dell’abbandono in cui versa.
Oggi finisce un altro anno e se si continuasse ad amministrare in questo modo la catastrofe che
stiamo vivendo ed abbiamo vissuto negli anni passati, pregna della negazione di ogni principio di sana
amministrazione, genererà la completa rovina di una città già moribonda.
Spero che le coscienze di ridestino e che il Popolo
sammaritano, dopo tanti anni, abbia la forza di reagire ad un giogo a cui è
stato sottoposto e di cui non ha il coraggio di liberarsi.
Gaetano Rauso