Era
giugno dello scorso anno, allorché la Guardia di Finanzaportava a compimento la
complessa indagine sulle indebite percezioni previdenziali a danno dell’INPS,
e, per esso, dello Stato. Nel corso delle attività investigative, venivano
deferite all’Autorità giudiziaria della soppressa Procura di Ariano Irpino, per
truffa ai danni dello Stato, due donne;(contesto, ora, al vaglio della Procura
della Repubblica di Benevento).Una, perché era riuscita a “scucire”,decine di
migliaia di euro,avendo ottenuto, mediante artifici, una prestazione pensionistica
a favore di una ignara zia, che, però, incassava lei, giacché delegata, anche
dopo la morte della parente, non avendonecomunicato all’Inps il decesso.
La
seconda,poiché aveva scientemente falsificato i certificati medici prodotti
all’ ASL e all’INPS, e strumentali al riconoscimento delle pensioni
d’invalidità e di accompagnamento, che, pertanto, percepiva indebitamente.I
finanzieri di Ariano Irpino l’hanno seguita per mesi, e l’hanno ripresa mentre
faceva regolarmente la spesa, prendeva i mezzi pubblici e faceva lunghe
passeggiate in centro tra i negozi, sempre da sola.
Nei
giorni scorsi, i finanzieri hanno definitivamente concluso il servizio. Hanno
tassato i proventi illeciti percepiti, per un ammontare complessivo di decine
di migliaia di euro. È in forza dell’art. 14, della Legge 537/1993, che la
Guardia di Finanza, oltreché scovare simili condotte, riconduce a tassazione i
relativi, illeciti arricchimenti dalle stesse prodotte. Quindi, il maltolto
allo Stato, viene, con tutti i mezzi consentiti, anche la tassazione,
ricondotto nelle casse del legittimo titolare, ossia, la collettività: quella
che onestamente contribuisce alle spese pubbliche, e che, giustamente, si
indigna innanzi a spregiudicate furberie.