“Bastava un soffio, un colpo di vento, e addio. Se si alzava la boram che veniva da Fiume ormai diventata stabilmente Rijeka, tanti saluti, uno era disfatto, gettato in aria come uno straccio, o come una foglia di granoturco.”
(Carlo Sgorlon, la foiba grande.)
La crudeltà dell’essere umano non ha mai fine. Questo è quello che ci ha insegnato e che continua ad insegnarci la storia; troppe stragi negate e nascoste nella speranza di essere dimenticate, ritornano alla luce, come tetro monito per le generazioni future. La storia di questi avvenimenti, è una storia che riguarda da molto vicino la nostra Italia, o meglio gli Italiani della Venezia Giulia e dell’Istria. Una strage negata, esclusa dalla coscienza collettiva della nostra Nazione per molto tempo: Le foibe.
Alla fine del secondo conflitto Mondiale, mentre qualcuno parlava di liberazione(?), nei territori di Trieste e dell’Istria si consumava un’immane tragedia. Almeno 15.000 gli uomini torturati e uccisi dall’esercizio dei liberatori Jugoslavi, guidati dal Maresciallo Tito. La loro sola colpa quella di essere Italiani. Gran parte di questi vennero gettati, ancora vivi, dentro le voragini naturali dell’altopiano del Carso, le foibe appunto.
Le parole e le polemiche servono davvero a poco in questo caso, quindi è meglio lasciare spazio alla testimonianza di chi ha vissuto in prima persona quei drammatici avvenimenti.
“Ora non sarà più consentito alla Storia di smarrire l’altra metà della Memoria. I nostri deportati, infoibati, fucilati, annegati o lasciati morire di stenti e malattie nei campi di concentramento jugoslavi, non sono più morti di serie B”.
Per non dimenticare, appunto, questa ed altre stragi e per ricordare agli Italiani di essere fieri di una Nazione che ha portato la civiltà nel mondo; che ha dato i natali a tanti illustri figli, che possiede il 70% dei beni artistici e culturali di tutto il mondo e che nel 1971 si è abbassata definitivamente le braghe di fronte al ricatto comunista ed ha ceduto, definitivamente, le terre d’Istria e di Dalmazia Italiane da sempre e lasciate invadere dall’Impero Austro Ungarico dagli slavi per far venir meno la loro identità storica e culturale. Nel 1971 ero un ragazzo che ancora credeva negli ideali e piansi per la perdita delle nostre terre, ascoltando le parole di un grande uomo quale fu Giorgio Almirante. Piansi e quel pianto mi costò caro, perché nel 1971 non si poteva piangere per la Patria mortificata. Oggi gli Italiani, nonostante che sia finita l’era Tito, nonostante sia siano aperte le frontiere europee, sono una minoranza discriminata alla quale si tenta di far perdere ogni coesione con la loro Patria e con le loro tradizioni, cancellando ogni diritto di esprimersi, ufficialmente, nella loro lingua e di affermare che ogni ricchezza che si trova in quel territorio è frutto di millenni di storia e di tradizioni, appunto, Italiane.
Non è il tempo di irredentismi, né di rivendicazioni territoriali, ma la cultura, la storia ed il diritto di essere Italiani non si può negare. Non si può dimenticare!!!!!
Gaetano Rauso