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venerdì 31 agosto 2012
FAVOLETTA DELLA SERA - IL SULTANO E IL LEONE
Il sultano Dondolo, in illo tempore,
a furia di confische,
aveva molti cervi e molti buoi
ed infinite pecore,
radunati nei boschi e parchi suoi.
Un dì sente che nato era un Leone
nella vicina selva.
Per fare i complimenti d'occasione
- credendosi arguto nelle arti diplomatiche –
alla sua presenza lo chiamò,
ed a lui così, dicon, parlò:
“Ti dirò, povero orfanello, che io non ti temo tanto,
anzi, mi fai quasi pietà.
Sono anzi certo che in mezzo ai tanti imbrogli dell'impero,
non che nuocere agli altri avrai pensiero
perché in condizione di farti solo i fatti tuoi,
a metterti, si provvederà” .
Il Sultano dormì sul suo pericolo
e dormirono i suoi, bestie e non bestie,
finché il Leon fu grosso diventato.
Un giorno a un tratto romba
nell'aria un tuono , e rimbomba
un grido di spavento.
A lui gettare subito, occorreva, un boccone,
e se non fosse bastato, un quarto di montone.
Due di quelle bestie gli furon date.
Fu scelto poi il più pasciuto dell'armento, con riccioli d’oro e capelli al vento, sperando proprio che così,
con uno, se ne fossero salvati cento .
Ma ciò non lo sfamò, ed azzannò i parcheggi.
Merenda prelibata, ricca e molto nutriente
satura di proteine intelligenti, inventate apposta per chi
invece di lavorare,
non vuol far niente.
Tutti fur vinti e comandò quell'uno
ch'essi temean terribile animale.
Invani furon così, gli sforzi di quei pochi onesti, che tentarono di mutar le losche consuetudini del lor misero reame.
Si sa, belva altra belva non morde, e la scorpacciata, al famelico animale, non tolse al fin la fame.
La gente savia a quei due girò le spalle;
dalla padella nella brace era caduta
e la battaglia per la legalità era oramai perduta.