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sabato 24 marzo 2012

CASERTA - Speranza e il Bilancio Stabilmente Riequilibrato

“Gestiremo il Comune come un'azienda privata”. Di certo non si può accusare il Sindaco Del Gaudio di nascondere le proprie idee e le proprie intenzioni. E di questo il Movimento Speranza per Caserta lo ringrazia, perchè altrettanto apertamente può criticare e contestare una tale affermazione.

Il Comune (per fortuna) non è un'azienda, né mai lo sarà. Cosa ben diversa è la lotta serrata agli sprechi, ma anche su questo ci sarebbe da ridire, perchè anche su questo fronte Del Gaudio ed i suoi prendono vistose scivolate come l'assunzione di dirigenti a 150mila euro annui, oppure il mancato rispetto dei limiti di riduzione imposti per legge per quanto riguarda il parco auto comunale, come prontamente evidenziato dalla puntuale relazione del Collegio dei Revisori sull'Ipotesi di Bilancio Stabilmente Riequilibrato.

Un bilancio previsionale che la Giunta afferma essere “ingessato” dallo stato di dissesto, ma che pur tuttavia contiene punti preoccupanti, come il netto aumento dell'incasso da oneri di urbanizzazione (quanti nuovi alloggi?).

Ma al di là dei tecnicismi e dei crudi numeri, dalle parole del Sindaco emerge come il dissesto tende ad essere visto come il “lasciapassare” per abbandonare la città in mani diverse da quelle della sua cittadinanza.

Il Comune non può e non deve essere un'azienda privata, perchè quest'ultima per definizione agisce nella logica del profitto, senza spazio alcuno per una vera e concreta tutela dei più deboli.

In una logica di cassa, il cittadino rimane assopito spettatore dell'esproprio dei suoi beni , in virtù di un piano di alienazioni per oltre 28 milioni di euro, peraltro basato su un inventario del patrimonio incompleto e di vetusta valorizzazione, che fa presagire una frettolosa svendita piuttosto che una vendita oculata e limitata a beni di limitato interesse pubblico.

Peraltro, non va sottaciuto che l'alienazione di un pezzo di patrimonio comunale è un azione senza ritorno. Quel bene non sarà mai più nella disponibilità della città, e c'è da sperare che in un futuro più o meno remoto, i nostri figli non debbano trovarsi nelle stesse condizioni di oggi, altrimenti sarebbero costretti a mettere un bel cartello di “vendesi” direttamente in piazza Dante.

Ancora, nel nefasto Comune-Azienda, non c'è spazio per i beni comuni. Anche gli spazi verdi, dalle piccole villette comunali ai 330mila metri quadri del Macrico, finiscono per essere fette di torta da offrire in pasto all'imprenditore di turno, che di certo non le vorrà acquisire con lo spirito del benefattore, mentre questi spazi potrebbero essere straordinari laboratori di coinvolgimento di una popolazione sempre più disattenta, disillusa, scoraggiata.

Su questo vorremmo richiamare e risvegliare la coscienza dei casertani, che ora forse inizieranno ad accorgersi, con le pesanti cartelle esattoriali delle imposte aumentate al massimo consentito come da normativa del dissesto, che saremo noi tutti a pagare di tasca nostra le conseguenze di quindici anni di pessima gestione.

Pur con le tasche più leggere, tuttavia, siamo certi che la maggioranza dei cittadini preferirebbe rimanere proprietaria della sua città.