Caro Prospero,
ho la coscienza di aver servito in questi anni con tutte le mie forze il mio Paese, e ne sono ripagato con un accanimento da parte di alcuni magistrati di Milano che non ha eguali nella storia. Si vuole distruggere fino in fondo la mia immagine di uomo, di imprenditore e di politico. Solo io posso sapere quanto male ho subito e continuo a subire per ave¬re scelto la strada dell’impegno politico.
Al termine di una vita di lavoro indefesso sia nella mia professione di imprenditore e in seguito nell’impegno politico, sono trattato peggio di un delinquente, con accuse che non trovano corrispondenza nei fatti e che sono state smentite nel corso del processo dibattimentale.
La decisione di impegnarmi nella vita pubblica, cercando di trasformare e di cambiare l’Italia, non mi è stata mai perdonata da tutti quei poteri che si sono visti insidiati nei loro interessi e nelle loro ambizioni.
Quello che più mi amareggia in questo momen¬to è di constatare fino a che punto la giustizia può essere piegata a pregiudizi di carattere politico e ideologico.
Ripeto: solo chi malauguratamente ha la sventura di entrare nel tunnel della mala giustizia può immaginare l’incubo che si sperimenta, la sofferenza che si prova a finire nell’ingranaggio disu¬mano di una giustizia che sembra non rispondere più alle leggi, ai princìpi fondamentali del nostro ordinamento liberale, alle prove e ai fatti che emergono nel corso dello stesso procedimento.
La coscienza che ho di questa situazione, e la vicinanza della mia famiglia e di quanti mi vogliono bene e mi conoscono, mi dà la forza di continuare la battaglia per il riconoscimento pieno della mia totale estraneità a quanto mi viene addebitato.
Spero ancora che giudici integerrimi e devoti unicamente alla legge e alla verità, decidano in piena coscienza e nel pieno rispetto della realtà dei fatti.