Nel corso della notte, la Squadra Mobile di Caserta, nell’ambito di un’operazione coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, ha eseguito 10 ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dall’Ufficio Gip presso il Tribunale di Napoli su richiesta della D.D.A., in relazione ai reati di omicidio, detenzione e porto di armi comuni e da guerra e rapina, aggravati dall’avere agito al fine di agevolare il clan camorrista dei BELFORTE di Marcianise, nei confronti delle persone di seguito elencate:
1. AMATO Michelangelo, nato a Caserta il 31.12.1976 e res. a Capodrise (CE);
2. AVETA Pasquale, nato a Napoli l’8.7.1977 e res. a S.Nicola la Strada (CE) detenuto;
3. BELLOPEDE Camillo Antonio, nato a Caserta il 9.11.1979 e res. a Marcianise (CE);
4. DELLA VENTURA Antonio, nato a Maddaloni (CE) il 27.10.1964, res. a Caserta, detenuto;
5. DE SIMONE Vincenzo di Angelo, nato a Marcianise (CE) il 3.9.1976 ivi res.;
6. MUSONE Vittorio, nato a Capodrise (CE) il 15.11.1951 ivi res., detenuto;
7. PICCOLO Gaetano, nato a Marcianise (CE) il 26.01.1959, res. a Capodrise (CE), soprannominato “’o ceneraiuolo”, detenuto.
8. TROMBETTA Luigi, nato a Marcianise (CE) il 19.10.1956 ivi res., detenuto;
9. ZARRILLO Antonio, nato a Capodrise (CE) il 9.12.1967, ivi res.;
10. ZARRILLO Francesco, nato a Capodrise (CE) il 24.1.1969, ivi res., cugino di Antonio, detenuto.
Gli arrestati, tutti affiliati al clan dei BELFORTE, sono responsabili del concorso nell’omicidio di SAGLIANO Francesco, nato a Caserta il 17.04.1980, assassinato a colpi d’arma da fuoco la sera del 3 ottobre 2003, in Via Santoro, a Marcianise (CE).
Le indagini della Squadra Mobile di Caserta, supportate da attività di intercettazione e dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, hanno permesso di ricondurre l’omicidio di SAGLIANO Francesco alla endemica faida che, dagli anni novanta, contrappone i BELFORTE detti i Mazzacane al clan dei PICCOLO Quaqquaroni, per il controllo delle attività illecite nel comprensorio di Marcianise (CE), Caserta e zone limitrofe.
Infatti, MUSONE Vittorio, TROMBETTA Luigi e PICCOLO Gaetano, che in quel periodo gestivano il clan, stante la detenzione dei capi storici, i fratelli Domenico e Salvatore BELFORTE, decisero la eliminazione del SAGLIANO poiché questi aveva partecipato ad attività estorsive, per conto dell’opposto clan PICCOLO, in danno di imprenditori già taglieggiati dai Mazzacane.
Le indagini hanno permesso di ricostruire anche il ruolo di tutti i responsabili dell’omicidio. Oltre ai mandanti MUSONE, TROMBETTA e PICCOLO, ne furono esecutori materiali AVETA Pasquale, ZARRILLO Francesco, CUCCARO Domenico e GERARDI Antonio, questi ultimi due poi divenuti collaboratori di giustizia; mentre AMATO Michelangelo, BELLOPEDE Camillo Antonio e DE SIMONE Vincenzo, svolgevano il ruolo di specchiettisti ed avvistatori della vittima. Invece, FRONCILLO Michele, anch’egli divenuto collaboratore di giustizia, ZARRILLO Antonio e DELLA VENTURA Antonio procacciarono le armi utilizzate nel raid omicidiario.
Particolarmente efferate furono le modalità dell’omicidio. Il gruppo di fuoco attese la vittima sotto l’abitazione di Recale (CE) della fidanzata. Non appena questa discese dalla vettura del SAGLIONE e varcò il portone dello stabile, la vettura con i killers tentò di bloccarlo, ma il giovane, accortosi della manovra, tentò la fuga. Ne nacque un lungo inseguimento da Recale, attraverso Capodrise, fino a Marcianise, dove SAGLIANO imboccò una strada dove era aperto un cantiere concludendo la marcia negli scavi per la realizzazione della rete fognaria, così come l’auto degli inseguitori. I killers, che durante l’inseguimento avevano sparato decine di colpi all’indirizzo del fuggitivo, raggiunsero e bloccarono il giovane che, probabilmente già ferito ad un fianco, crollato in terra, venne finito a colpi di pistola nonostante implorasse pietà. Inoltre, uno dei killers infierì ripetutamente sul volto del SAGLIANO con il calcio di un fucile. La vettura del commando, bloccata nellabuca, venne incendiata sul posto e, per la fuga, venne rapinata un Renault CLIO ad un automobilista terrorizzato, che aveva assistito alle fasi finali dell’agguato.
Le armi utilizzate per la spedizione omicida, un fucile da caccia cal. 12, un mitra Kalashnikov, una pistola semiautomatica ed un revolver, furono tutte abbandonate sul posto.
Secondo le indagini della Polizia di Stato, i killers furono ricompensati, ciascuno, con la somma di 3 mila euro ed un orologio di lusso, marca Rolex.