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martedì 19 luglio 2011

Operazione “GOMORRAH 2” LE GRIFFE FALSE FANNO SCATTARE LE MANETTE A DUE BOSS REA E PASCARELLA

E’ in corso di esecuzione una vasta attività di contrasto alla contraffazione da parte degli uomini della Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Napoli e dello SCICO di Roma, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli.

L’Operazione denominata GOMORRAH 2 rappresenta la naturale prosecuzione dell’Operazione GOMORRAH, nell’ambito della quale il G.I.P. presso il Tribunale di Napoli nel mese di maggio 2010 aveva disposto la custodia cautelare, in carcere ed agli arresti domiciliari, nei confronti di 9 persone, facenti parte del c.d. Gruppo CASTELLANO, ed il sequestro preventivo, ai sensi degli artt. 321 c.p.p. e 474 bis c.p., dei beni utilizzati per la commissione dei reati di contraffazione e, ai sensi degli artt. 321 c.p.p. e 12 sexies della L. 356/92, dei beni immobili e mobili e dei rapporti finanziari nella disponibilità degli indagati, per un valore complessivo di beni sequestrati di oltre 9 milioni di euro.

L’indagine era iniziata nel 2009 su sollecitazione dell’Ufficio di EUROJUST e sulla base delle risultanze di un’analisi conoscitiva del fenomeno condotta dall’Unità EUROPOL AWF Copy, che aveva raccolto una serie di segnalazioni provenienti da molti Stati dell’Unione Europea sulla massiccia distribuzione, anche in Italia, di prodotti elettroutensili e di alta tecnologia, provenienti dalla Cina, recanti marchi falsi e risultati pericolosi per la salute dei cittadini.

All’esito dell’intensa attività di coordinamento avvenuta in sede EUROJUST si conveniva di procedere alle investigazioni necessarie in maniera concordata tra le Autorità Giudiziarie Europee interessate dal fenomeno, compresa quella italiana, con la trasmissione vicendevole degli elementi investigativi ritenuti utili, secondo quanto previsto dall’art. 18 comma IV della Convenzione ONU contro la criminalità organizzata transnazionale.

In tale contesto, la D.D.A. di Napoli, in rappresentanza dell’Italia, avviava un costante scambio di informazioni con le Autorità giudiziarie degli altri Paesi membri di EUROJUST, in particolare Francia, Germania e Spagna, che eseguivano nei rispettivi Stati numerosi arresti e sequestri di merce.

Nel procedimento penale avviato presso la D.D.A. di Napoli si analizzava l’ipotesi investigativa legata all’esistenza di un’organizzazione internazionale, probabilmente legata alla camorra, con base in Napoli e dedita all’importazione dalla Cina ed alla commercializzazione, in numerosi Stati Europei, in Australia ed in altri Paesi, di vari prodotti contraffatti. L’attività portava inizialmente all’esecuzione di o.c.c. personali e reali a carico del gruppo Castellano ed all’esecuzione, praticamente congiunta in nove Paesi dell’Unione Europea, di azioni comuni con perquisizioni e sequestri.

L’indagine si sviluppava in seguito su una serie di tronconi, tra cui l’ultimo, ancora in corso, relativo al c.d. gruppo REA, costituito da soggetti italiani operanti in Italia e Spagna, dedito all’illecita importazione e successiva commercializzazione in Italia ed in Europa di prodotti elettroutensili recanti marchi contraffatti e non conformi alla normativa comunitaria e nazionale in materia di sicurezza.

In tale contesto, grazie alle indicazioni dell’A.G. italiana in sede EUROJUST, venivano coinvolti gli investigatori spagnoli, con cui si instaurava un fitto coordinamento investigativo.



Nella giornata di mercoledì 13 luglio 2011, nell’ambito di una vasta attività di polizia, denominata Leatherface, diretta dall’Autorità Giudiziaria spagnola di Malaga, condotta in Spagna dalla Guardia Civil di Madrid, sono stati arrestati, tra gli altri, gli italiani Giulio REA e Vittorio PASCARELLA, indagati in quel Paese per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale e alla falsificazione e sono state eseguite numerose perquisizioni e sequestri.

Sulla scorta di quanto comunicato dall’Autorità Giudiziaria spagnola ed alla luce dei numerosi elementi già emersi nel corso delle indagini parallelamente condotte in Italia, non ancora concluse, la D.D.A. di Napoli ha emesso 12 decreti di perquisizione per i reati di associazione per delinquere e contraffazione (artt. 473 e 474 c.p.).

Nella mattinata odierna, i finanzieri del G.I.C.O. di Napoli e dello S.C.I.C.O. di Roma hanno eseguito le perquisizioni nei comuni di Arzano (NA), Ottaviano (NA), Casandrino (NA), San Felice a Cancello (CE), Santa Maria a Vico (CE), Locorotondo (BA) e Tivoli (RM). Le perquisizioni sono state eseguite nei confronti di 8 persone fisiche (6 italiane e 2 dell’Est Europa) e 4 società.

Tra i principali soggetti perquisiti si segnalano le abitazioni dei fratelli REA Giulio (detenuto in Spagna) e Michele (giunto in Spagna per dare aiuto al fratello arrestato) e Santolo.

Presso un’unità locale non dichiarata di Arzano (NA) della società “CONFEZIONE RGA S.r.l. Unipersonale”, rappresentata da REA Santolo, è stato eseguito il sequestro di documentazione utile alle indagini e di circa 300 articoli (motoseghe, martelli pneumatici, cassette utensili, generatori elettrici e scuotitori meccanici) sprovvisti della dichiarazione e certificazione di conformità alla Direttiva europea in materia di sicurezza dei prodotti.







Presso i medesimi locali e la sede legale, anch’essa di Arzano (NA), della suddetta società venivano altresì rinvenuti e sottoposti a sequestro circa 73.000 capi di abbigliamento per uomo (abiti completi, giacche, giacconi, cappotti e giubbini) e circa 89.000 accessori (bottoni, cerniere ed etichette recanti la scritta “Made in Italy), destinati alla commercializzazione in violazione della normativa nazionale sulla tutela del Made in Italy, introdotta dall’art. 4, comma 49, della Legge 350/2003, che prevede l’applicazione delle pene previste dal reato di cui all’art. 517 c.p. (Vendita di prodotti industriali con segni mendaci).

I capi di abbigliamento ed i relativi accessori, per un valore complessivo di mercato di circa un milione di euro, recavano marchi italiani non noti e la stampigliatura Made in Italy sebbene fossero provenienti dalla Cina, come provato dalle etichette originali che riportavano, su due righe, la scritta “Made in China Italy Style”, in seguito modificate, con un abile artifizio, tagliando sul lato destro le parole “China” e “Style”; in tal modo facendo risultare la scritta “Made in Italy”.