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sabato 12 marzo 2011

MARIANO MAFFEI EX PROCURATORE DELLA REPUBBLICA DI S. MARIA C.V SOSPESO DALLA FUNZIONE DI GIUDICE TRIBUTARIO

Il provvedimento è stato preso dal Consiglio Superiore della Giustizia Tributaria. E’ sotto processo a Roma per gravi reati. Denunciò il suo vice Paolo Albano. Divenuto famoso per aver fatto arrestare la moglie del guardasigilli Sandra Lonardo -


S. Maria C.V – Nell’ultima seduta, il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria di Roma, ( una sorta di CSM ) ha notificato all’ex Procuratore della Repubblica di S. Maria C.V., Mariano Maffei, un provvedimento di sospensione dalla sua funzione di presidente di sezione della commissione tributaria di Napoli. Infatti, l’ex magistrato, pur essendo andato in quiescenza, continuava ad occupare la prestigiosa poltrona della giustizia tributaria in grado di appello. Il provvedimento è scaturito dopo una lunga istruttoria – nel corso della quale sono stati richiesti ed ottenuti tutti i consensi ministeriali – in seguito al grave processo instauratosi a Roma che vede l’ex procuratore accusato di gravissimi reati nei confronti di alcuni suoi colleghi.

La vicenda è ben nota ma vale la pena riassumerla. In seguito ad un dettagliato esposto del Procuratore aggiunto Paolo Albano ( all’epoca in servizio presso la procura sammaritana ) ora Procuratore Capo ad Isernia, il Maffei è stato rinviato a giudizio su richiesta del Gup Maurizio Silvestri che aveva accolto l’istanza del Pubblico Ministero di Roma Giancarlo Amato ). Ad occuparsene è la 2° Sezione del Tribunale di Roma, (competente a giudicare i reati dei magistrati sammaritani ) ed i reati contestati sono: abuso di ufficio ( art. 323 C.P. pena prevista da 6 mesi a 3 anni ) e di calunnia aggravata ( art. 368 C.P. pena prevista da 2 a 6 anni ), parti lese costituite sono i Sostituti Procuratori Dr. Paolo Albano e Filomena Capasso.

La difesa di Mariano Maffei è stata assunta dal figlio avv. Giovanni Francesco Maffei ( ma pare che sia un civilista ) e dal Prof. Avv. Alfonso Maria Stile del Foro di Roma. Per le parti offese era presente in qualità di difensore il Sen. Avv. Ferdinando Imposimato, ex magistrato.

L’accusa di abuso di ufficio riguarda un arbitrio esercitato agendo nell’esercizio delle sue funzioni di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di S. Maria C.V. in violazione della disposizione contenuta nell’art. 335 C.P.P. ( che consente l’iscrizione nell’apposito registro soltanto di effettive “notizie di reato” pervenute dalla polizia giudiziaria ovvero acquisite di iniziativa dagli uffici di Procura ) cagionava intenzionalmente ingiusto danno al Procuratore Aggiunto della Repubblica Paolo Albano, in servizio presso il richiamato ufficio giudiziario, con le seguenti condotte: In data coincidente o immediatamente successiva al 7/6/2006 il Dottor Maffei veniva a conoscenza, attraverso il Sostituto Procuratore della Repubblica Maria Di Mauro ( in servizio presso l’ufficio da lui diretto e titolare del procedimento penale 58/06 mod. 21 nell’ambito del quale erano svolte indagini in merito a presunti illeciti ascrivibili al dottor Giuseppe Tatavitto, medico presso l’ospedale di S. Maria C.V. per la predisposizione di falsi titoli professionali in occasione di un concorso da lui vinto, bandito per il conferimento dell’incarico di Direttore Sanitario di quel presidio) di una situazione per la quale relativamente ai medesimi fatti era pervenuto alcuni anni prima presso la Procura della Repubblica di S. Maria C.V. un esposto anonimo.

L’esposto che era stato inizialmente trattato dal Procuratore Paolo Albano con delega alle indagini ai carabinieri di S. Maria C.V., accompagnata peraltro nel corso dell’attività investigativa da alcuni biglietti manoscritti con i quali il medesimo magistrato aveva precisato gli adempimenti da svolgere in maniera più analitica dall’ufficiale di polizia giudiziaria incarico della trattazione ( maresciallo Enrico Giordano, all’epoca comandante della locale stazione dell’Arma ); la delega era stata poi riscontrata da informativa a firma del richiamato sottufficiale, presentata in visione una prima volta al dr. Albano ma non depositata né registrata presso la Procura di S. Maria C.V., a seguito di rilievi meramente formali da parte del Procuratore Aggiunto contenendo un giudizio dell’operante in ordine alla ritenuta assenza di fatti costituenti reato ( di spettanza più propriamente dell’Autorità Giudiziaria ) e successivamente riproposta senza il predetto giudizio.

Il Dottor Albano nonostante l’esito oggettivamente negativo delle indagini svolte, ritenendo la vicenda meritevole di approfondimento ulteriore, aveva disposto una nuova iscrizione degli atti dal modello 46 al modello 21 (sia pure contro “persona da identificare” e non nei confronti di una specifica persona indagata) con assegnazione automatica nell’ambito del gruppo specializzato competente al Sostituto Procuratore Patrizia Dongiacomo, continuando a seguire gli sviluppi pi ù significativi dell’indagine ed infine vistando al richiesta dio archiviazione ( dopo che anche una consulenza grafica non aveva consentito di accertare la falsità dell’unico documento segnalato come sospetto dal maresciallo Giordano ). Le successive indagini condotte dalla dottoressa Di Mauro, peraltro, avevano portato a risultati ben diversi sulla base di una verifica assai più completa operata dalla polizia giudiziaria da costei delegata ( Comando Provinciale Carabinieri di Caserta, Nucleo Operativo ) che aveva preso in considerazione anche altri documenti prodotti dall’aspirante Direttore Sanitario Tatavitto ed aveva approfondito il tema relativo alla falsità del numero di protocollo del solo atto sul quale si era concentrato ( peraltro con esito finale negativo ) l’attenzione del Maresciallo Giordano, evidenziandosi in definitiva una inadeguatezza attività investigativa svolta a suo tempo da quest’ultimo ( ritenuta dolosa dai Carabinieri del richiamato comando Provinciale i quali con informativa 5/7/2006 denunciavano il solo Maresciallo Enrico Giordano quale autore dei delitti previsti dagli artt. 323 -328 e 479 C.P. ).

Preso atto di quanto sopra il Dr. Mariano Maffei disponeva per la trasmissione degli atti contenenti le precedenti investigazioni sfociate in una richiesta di archiviazione del Sostituto Dongiacomo vistata dal Procuratore Aggiunto Albano alla Procura della Repubblica di Roma per competenza funzionale ( ai sensi dell’art. 11 del C.P.P. ) segnalando eventuali responsabilità del maresciallo Giordano e “di magistrati di questo ufficio” ed iscrivendo nei confronti del medesimo Giordano le fattispecie previste dagli artt. 323- 328 e 479 C.P.

“In realtà siffatta iniziativa – è scritto nella richiesta di rinvio a giudizio della Procura di Roma - “era stata assunta in totale assenza di qualsiasi elemento accusatorio, oltre che verso il maresciallo Giordano, nei confronti del Dottor Albano, di fatto a quel punto prontamente e doverosamente iscritto quale indagato dalla Procura della Repubblica di Roma all’arrivo degli atti provenienti dal corrispondenti ufficio sammaritano atteso che egli appariva quale unico possibile magistrato della Procura della Repubblica di S. Maria C.V. coinvolto nelle condotte illecite ascritte al maresciallo Giordano in quanto solo quel Procuratore Aggiunto aveva tenuto i rapporti ed impartito direttive operative al sottufficiale dei Carabinieri nella conduzione delle fasi dell’indagine che si assumeva da parte di quest’ultimo intenzionalmente lacunose.

“L’iniziativa del Dottor Maffei – è scritto negli atti - trovava semmai giustificazioni in precedenti dissidi personali e o professionali con il precedente collega - che nessun sospetto di compiacente collusione a vantaggio di un indagato aveva mai potuto indurre attesa l’assenza di qualsiasi elemento che rilevasse una diretta conoscenza della persona che sarebbe stata favorita. La iniziale delega di indagine che era stata disposta, la successiva indicazione di espungere da una informativa il riferimento all’assenza di reati accertati, la nuova iscrizione degli atti a modello 21 con assegnazione ad un Sostituto Procuratore che aveva poi svolto ulteriori indagini anche tecniche”.

L’accusa di calunnia nasce invece perché incolpava il Procuratore Aggiunto Paolo Albano pur conoscendone l’ innocenza, di concorso nella consumazione di reati previsti denunciandolo ( in forma indiretta ma inequivoca ) all’A.G. di Roma pur in assenza di alcuna effettiva notizia di reato a carico di costui. Ed inoltre il Maffei risponde anche di abuso di ufficio nei confronti oltre che del Procuratore Aggiunto Albano anche nei confronti del Sostituto Filomena Capasso per altri fatti.

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