MICHELE ZAGARIA RICOSTRUITO AL COMPUTER |
Ecco, come la seconda corte di assise del tribunale di Santa Maria Capua Vetere , ha spiegato il ruolo di Michele Zagaria. “ L’ istruttoria – si legge nella motivazione della sentenza di primo grado - ha fornito ampio riscontro alla ipotesi di accusa, circa il ruolo svolto da Michele Zagaria nella organizzazione camorristica oggetto di giudizio.Va ricordato, infatti, che la ricostruzione dei singoli episodi delittuosi ha visto l’affermazione di responsabilità di Michele Zagaria in rapporto al concorso nell’omicidio di Vincenzo De Falco, episodio assolutamente ‘centrale’ nell’ambito del presente giudizio e nell’intera vicenda investigata.
Michele Zagaria vi prende parte, in modo particolarmente attivo non solo perché è uomo strettamente legato a Francesco Bidognetti ma anche perché intende – in tal modo – ristabilire un ‘ordine camorristico’ turbato dalla vicenda dell’omicidio di Alberto Beneduce , che vede coinvolto (anche oltre i suoi effettivi ‘demeriti’, come si è detto) il De Falco .
E’ evidente, dunque, che tale episodio – unito ai numerosi e reiterati riferimenti dichiarativi sul ruolo di Michele Zagaria – consente l’applicazione della massima di esperienza citata in apertura del presente paragrafo, in tema di ‘indici rivelatori’ dell’avvenuto inserimento nel gruppo criminoso. Della stabile attività posta in essere da Michele Zagaria all’interno del gruppo camorristico hanno infatti riferito, in modo del tutto convergente numerosi collaboranti – risultati effettivamente ‘intranei’ – come De Simone Dario, Ferrara Raffaele, Quadrano Giuseppe, Di Bona Franco, Schiavone Carmine, Pagano Giuseppe, D’Alessandro Salvatore, La Torre Augusto, Frascogna Domenico. Le dichiarazioni del De Simone e del Ferrara hanno comportato anche la trasmissione degli atti al P.M. DDA per il coinvolgimento di Michele Zagaria anche nell’omicidio Piccolo Pasquale e tentato omicidio Parente Raffaele.
I numerosi contributi narrativi – rintracciabili in atti – non lasciano spazio alcuno ad ipotesi alternative, anche in ragione di ulteriori circostanze di fatto che qui si indicano :
- in data 30 settembre ’88 (e dunque a poca distanza temporale dall’episodio della ‘spedizione’ in Formia narrato da De Simone e Ferrara ) Michele Zagaria viene tratto in arresto in Casapesenna perché trovato in possesso di una pistola calibro 7.65 con matricola abrasa e due caricatori (si veda la sentenza in atti). Otterrà gli arresti domiciliari in data 9 marzo 1989 . Ciò, a ben vedere ‘giustifica’ pienamente l’assenza di Michele Zagaria dalla dinamica di realizzazione dell’agguato che conduce all’omicidio di Michele Pardea in Casapesenna il 18 dicembre ’88 (Zagaria Michele era detenuto), assenza che la difesa ha invece prospettato come ‘possibile’ elemento a discarico ;
- in data 23 aprile ’91 ( e dunque a poca distanza temporale dall’omicidio di Vincenzo De Falco, che lo vede coinvolto) Michele Zagaria viene nuovamente tratto in arresto insieme a Diana Luigi e Apicella Pasquale per il possesso di una mitraglietta Uzi e tre pistole (si veda la ricostruzione operata in sede di verifica della posizione di Apicella Pasquale). Anche in tal caso, dunque, può dirsi non solo che tale episodio rafforza – in modo decisivo – tutte le indicazioni dei collaboranti, ma al contempo ‘giustifica’ la successiva e temporanea assenza di Michele Zagaria (che resterà detenuto sino al 25 maggio ’93) dallo scenario di conflitto sorto dopo l’omicidio De Falco (ed in rapporto a tale periodo detentivo sono anche maturate alcune decisioni assolutorie su altri episodi contestati).
Dunque, non vi è dubbio alcuno sulla totale convergenza degli elementi a carico emersi nei confronti di Michele Zagaria, e ne va affermata la penale responsabilità in riferimento al reato contestato al capo 1 .
Quanto alla commisurazione della pena, si osserva che la lunghezza del periodo di consumazione (’88-96) l’estrema rilevanza del ruolo svolto, la particolare pericolosità della organizzazione oggetto del giudizio, il lungo periodo di latitanza tuttora in atto (a far data dal 5 dicembre ’95) sono tutti fattori che influiscono sulla determinazione della pena .
Pertanto, valutati i criteri tutti di cui all’art.133 c.p. e ritenuta sussistente la circostanza aggravante di cui all’art.416 bis co.4, appare equo irrogare al presente imputato, in riferimento al capo 1 la pena di anni quattordici di reclusione.
Le ulteriori statuizioni sanzionatorie, per i restanti capi, verranno operate al capitolo 9.
Inoltre, attesa la mancata dimostrazione circa la provenienza dei beni tuttora in sequestro preventivo, nonché la sproporzione tra il valore di detti beni ed i redditi legalmente conseguiti (si vedano le schede patrimoniali in atti al faldone B21) va disposta la confisca ai sensi dell’art.12 sexies l.356/’92 dei beni tuttora in sequestro, analiticamente indicati in dispositivo