Nella mattinata odierna, la Squadra Mobile di Caserta, in esito ad un’articolata e prolungata indagine, anche di carattere tecnico, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli ha dato esecuzione ad 11 O.C.C.C., emesse dall’Ufficio G. I. P. presso il Tribunale di Napoli su richiesta della Procura Distrettuale, nei confronti delle sottoelencate persone, tutte organiche al “Clan dei Casalesi – Gruppo Setola”:
1. SETOLA Giuseppe di Luigi, nato a S. Maria C. V. il 5.11.1970, detenuto;
2. SANTORO Salvatore di Nicola,nato ad Aversa il 29.12.1987, detenuto;
3. BRUSCIANO Gabriele, nato a Napoli il 22/09/1978, detto Massimo, detenuto;
4. NOBIS Giuseppe di Ottavio, nato ad Aversa il 19.7.1979, libero.
5. GUERRA Giuseppe, nato a Santa Maria Capua Vetere il 26.12.1968, detenuto
6. GRANATO Davide nato a Napoli l’1.7.1975, detenuto;
7. ALLUCE Antonio nato a Caserta il 21.2.1976, detenuto;
8. LETIZIA Giovanni, nato ad Aversa il 24.11.1980, detenuto;
9. TERRACCIANO Bernardino nato a Villa Literno il 2.10.1948, detenuto;
10. MUSCIARELLA Pasquale nato a Parete (CE) il 30.01.1971, detenuto;
11. DI RAFFAELE Carlo nato a Ipswich ( UK) il 05.12.1974, detenuto.
I destinatari della misura sono tutti indagati per estorsione aggravata dal ricorso al metodo mafioso ed al fine di agevolare l’organizzazione camorristica denominata “Clan dei Casalesi”, mentre il NOBIS anche per 416 bis.
La misura cautelare in argomento si riferisce ad una delle numerose attività criminose perpetrate da SETOLA Giuseppe e dalla frangia stragista da lui guidata nel periodo in cui hanno terrorizzato il territorio compreso tra l’agro aversano ed il litorale domitio della provincia casertana.
In particolare, si tratta di una serie di episodi delittuosi alla cui ricostruzione si è giunti attraverso le attività investigative coordinate dalla Procura Antimafia al fine di individuare i fiancheggiatori dell’allora latitante SETOLA e localizzarne in questo modo il rifugio.
Le indagini permettevano di svelare una diffusa attività estorsiva posta in essere dal gruppo che consisteva nella imposizione dell’acquisto di caffè a numerosi esercenti di bar del comprensorio, organizzata dal latitante ed attuata dai suoi più fedeli sodali, tra i quali SANTORO Salvatore, NOBIS Giuseppe, BARONE Michele e BRUSCIANO Gabriele, oltre che degli altri indagati che stabilmente si occupavano delle estorsioni per conto del gruppo.
Per condurre tale attività, peraltro, i protagonisti avevano costituito un vero e proprio marchio, “Nobis caffè”, dal nome di uno degli indagati, attivato partite iva per la commercializzazione all’ingrosso della miscela e creato società ad hoc, al fine di dare una parvenza di legalità, tramite regolare fatturazione delle transazioni, ad una attività che invece veniva condotta attraverso l’intimidazione degli imprenditori a cui veniva palesemente riferito che l’acquisto del caffè sarebbe stata cosa gradita a SETOLA stesso.
Le indagini traevano spunto dalla irruzione effettuata dalla Squadra Mobile di Caserta, il 25 Ottobre 2008, in uno stabile di via Nevada nr. 1 a Trentola Ducenta, che, in seguito si accerterà, era stato il primo covo dove SETOLA si era rifugiato dopo la sua evasione da Pavia.
L’immobile era stato affittato da NOBIS Giuseppe e da questi utilizzato come deposito di caffè, ma costituiva anche una delle basi logistiche del gruppo stragista.
Nell’abitazione venivano rinvenute decine di buste di caffè con il marchio “Caffè Nobis” oltre a documenti contabili, fatture, elenchi di “clienti” e appunti attraverso i quali venivano individuati tutti i fiancheggiatori del latitante coinvolti nell’attività di imposizione dell’acquisto del caffè.
I conseguenti approfondimenti investigativi consentivano di appurare il pieno coinvolgimento dei destinatari della presente misura restrittiva in una attività estorsiva continua e capillare in una vasta area che ricomprendeva i comuni sotto l’influenza criminale del “Clan Bidognetti” - Trentola Ducenta, Teverola, Frignano, San Marcellino, Lusciano, Aversa, Castelvolturno, Villa Literno, Cancello Arnone, Casal di Principe - praticata attraverso l’imposizione settimanale dell’acquisito di quantitativi di caffè, almeno una busta di 3 o 5 chili, al prezzo di 35 euro l’una.
Le vittime, di fronte agli emissari del latitante, che si presentavano a suo nome, non avevano altra scelta che quella di cedere alle pretese dei camorristi, nonostante la pessima qualità del caffè, risultata inutilizzabile anche se miscelata ai soliti prodotti utilizzati dai baristi, molti dei quali, individuati dagli investigatori, hanno continuato a mantenere un atteggiamento omertosa e scarsamente collaborativo, anche perché, come accennato, l’estorsione era “mascherata” da una regolare fatturazione delle forniture.
Quanto accertato dalla Squadra Mobile di Caserta, comunque, trovava suffragio nelle dichiarazioni convergenti di diversi collaboratori di giustizia, affiliati al Clan Bidognetti e inseriti nella stessa frangia stragista di SETOLA, tra cui SPAGNUOLO Oreste, DIANA Francesco, cognato di BARONE Michele, DI CATERINO Emilio, MOLA Giovanni.
Più recenti collaboratori di giustizia, quali GAGLIARDI Giuseppe ed AMATRUDI Massimo, fornivano elementi ulteriori sulle attività estorsive in argomento riguardo al territorio di Castelvolturno, Villaggio Coppola ed il litorale domitio, teatro dei più efferati crimini riconducibili al gruppo SETOLA e dove più profonda era la percezione della sua strategia stragista.
Tutti, concordemente, hanno riferito in merito al ruolo svolto dagli indagati, le aree a loro assegnate nell’attività di imposizione del caffè, in particolare GUERRA Giuseppe si occupava di Frignano e San Marcellino, GRANATO Davide alias Tonino ‘a minaccia, di Castel Volturno, SANTORO Salvatore Salvatoriello operava a Trentola Ducenta. NOBIS Giuseppe, invece, titolare egli stesso di un bar a Trentola Ducenta, rappresentava la mente imprenditoriale di questa particolare attività estorsiva, infatti, come accennato, egli aveva costituito una apposita società, la INTERPRICE s.a.s., con sede ad Aversa, ed il marchio “Caffè Nobis”, per la commercializzazione del caffè, mentre BARONE Michele, che aveva attivato una partita IVA per il commercio all’ingrosso di caffè, ne era il braccio operativo che provvedeva alla materiale consegna delle buste ed all’incasso dei proventi che, poi, alimentavano la cassa del clan.