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sabato 24 luglio 2010

GIUSTIZIA LUMACA - RICORSO PER L’EQUA RIPARAZIONE PER MANCATO RISPETTO DEL TERMINE RAGIONEVOLE DEL PROCESSO - I FRATELLI ANTONIO E GIOVANNINO DI MARCO DA ROCCAMONFINA CONTRO IL MINISTERO DELL’ECONOMIA.

 Aumentano sempre più i tempi per avere verdetti giudiziari.


LE AZIONI DEL PROF. CIRO CENTORE PRESIDENTE DEL “SINTUC” DI CASERTA - DIFESA DI UFFICIO (GRATUITA ) PER I CITTADINI DANNEGGIATI DALLA LENTEZZA GIUDIZIARIA -

Caserta – ( di Ferdinando Terlizzi ) Soltanto oggi, dopo 16 anni di attesa, il Tribunale Amministrativo si è pronunciato su di una vertenza avviata 16 anni fa da Maria Angelica Cestrone di Roccamonfina, deceduta, nel frattempo e durante il corso di questo giudizio, causa proposta contro l’Amministrazione comunale del tempo per lavori non eseguiti a regola d’arte e determinativi, su un fabbricato della denunciante, di infradiciamento di parete e fondazione, in occasione delle misure di salvaguardia del dopo terremoto del 1960. Una giustizia lumaca che nega i diritti ai cittadini, che determina situazioni parossistiche, spesso con risvolti irreparabili che sfociano in tragedie familiari. Una realtà allucinante come in questo emblematico ( ma non unico ) caso giudiziario.

La storia in breve. L’Amministrazione comunale di Roccamonfina dell’epoca, cioè del 1994, era intervenuta per puntellare un fabbricato ( sito in Roccamonfina, Frazione S. Domenico, via Capierini n° 1 ) gravemente lesionato dal sisma e lo aveva fatto con puntellamenti vari senza però predisporre quelle necessarie salvaguardie che potessero evitare la caduta di acqua piovana sul fabbricato della denunciante.

Il predetto fabbricato si trovava in adiacenza ad altro fabbricato, già di proprietà di Vincenzo Cestrone, demolito “parzialmente” per avere, detto Cestrone, “ricostruito” il proprio fabbricato su altro terreno, utilizzando i fondi dopo il sisma del 1960. Nel ricorso al Tar, inoltrato 16 anni or sono, si lamentava, tra l’altro, che il Comune di Roccamonfina non avesse provveduto conseguentemente a demolire le restanti parti del fabbricato, di ufficio e nell’interesse pubblico, perché porzioni fatiscenti e pericolanti, determinative di pericolo e insalubrità, anche e particolarmente per il fabbricato e relativa abitazione della defunta Cestrone.

Ed inoltre, si addebitava alla civica amministrazione dell’epoca, di non aver realizzato (nell’ambito di interventi di pubblica utilità e a salvaguardia del tutto), una copertura dalla quale far defluire l’acqua meteorica sulla parte a confine tra le due proprietà ( quella di Vincenzo Cestrone e quella della Maria Angelica Cestrone, madre degli attuali ricorrenti). La collocazione di questa copertura, con materiali precari, tra l’altro, rappresentata da travetti di legno e lamiere, aveva determinato (e determina, ancora oggi) in occasione delle piogge “l’infradiciamento” delle pareti e delle fondazioni della proprietà del fabbricato della defunta Cestrone.

Di qui una lite che è durata 16 anni e che ha visto, nell’attesa, anche la “scomparsa” della denunciante, per ragioni di età e il subentro, in questa vita dei figli, Antonio e Giovannino Di Marco che si sono costituiti con l’assistenza dell’avv. Ciro Centore e hanno inteso dare continuità alla causa, per onorare la defunta loro genitrice. Il TAR, finalmente, ha fissato questa udienza, nel 2010 e pur rigettando il ricorso per un fatto procedimentale ma non entrando nel merito delle responsabilità, ha così, da parte sua, chiusa questa vicenda.

L’avv. Prof. Ciro Centore, su mandato espresso ricevuto però dai denuncianti, ha aperto un contenzioso innanzi alla Corte di Appello di Napoli per questa “ritardata giustizia”, sottolineando che è assurdo, ingiusto, incostituzionale e contrario ad ogni principio fissato dalla Corte di Giustizia Europea, avere un verdetto dalla Magistratura italiana, sia esso positivo o negativo, dopo ben 16 anni e ha richiamato, in tal senso una legge che pochi cittadini conoscono e utilizzano e che “impone” la chiusura di ogni processo entro e non oltre cinque anni.

L’avv. Centore ha, tra l’altro, precisato che, dopo il superamento di questo quinquennio si ha diritto ad una attribuzione di indennizzi pari, nel minimo, si badi a Euro 1.000,00 per ogni anno di attesa e che “tra pochi giorni” avrà a citare in giudizio, per la stessa ragione, la Presidenza del Consiglio dei Ministri per cittadini che hanno atteso addirittura ben trentacinque anni per avere un verdetto di primo grado.

Da noi raggiunto telefonicamente l’Avv. Prof. Ciro Centore ci ha dichiarato:” Se “i cittadini” fossero meno pecoroni e facessero valere, così come fanno in pochi, i loro diritti, ben potrebbero concorrere alla modifica di questo stato di paralisi e sottolineo ancora che, attraverso il SINTUC, Sindacato di Tutela dei Cittadini, nato proprio a Caserta, sono pronto ad assistere ( gratuitamente) tutti coloro che hanno avuto giudizi e attese giudiziarie del tipo denunciato. Si ha diritto, comunque, ripeto, ad un minimo di Euro mille per ogni anno che supera i cinque, per cui è ben recuperabile questo gruzzoletto, anche se, tra l’altro, dopo i cinque anni, la Magistratura non si è ancora pronunciata. La citazione, insomma, può intervenire subito”.