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mercoledì 21 ottobre 2009

ARPAC GATE - ECCO IL COMUNICATO DELLA PROCURA DELLA REPUBBLICA DI NAPOLI OPERAZIONE DELLE FIAMME GIALLE CON i CARABINIERI DI CASERTA

In data odierna, all’esito di indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Napoli - Sezione reati contro la Pubblica Amministrazione, Ufficiali di polizia giudiziaria appartenenti al Nucleo della GdF di Napoli coadiuvati dal maggiore Salsano e al Nucleo Investigativo dei CC di Caserta coadiuvati dal colonello Nardone hanno dato esecuzione a nr. 25 misure cautelari emesse dal Gip di Napoli a carico di altrettanti indagati - indicati nell’allegato elenco - per i delitti di associazione per delinquere, truffa ai danni dello stato, turbativa d’asta, falso in atto pubblico continuato, concussione.

Le misure applicate sono le seguenti:
· arresti domiciliari a carico di un solo indagato
· divieto di dimora a carico di 18 indagati
· interdizione dall’esercizio dell’attività imprenditoriale e professionale a carico di 6 indagati.

Contestualmente sono stati notificati avvisi di conclusione delle indagini a numerosi altri indagati e eseguite perquisizioni domiciliari presso persone fisiche e società.

L’esecuzione dei provvedimenti sopra indicati costituisce l’esito di una lunga e complessa attività investigativa diretta e coordinata da questo Ufficio e svolta dai due citati organi di polizia giudiziaria.

L’indagine ha avuto inizio nel gennaio del 2008, epoca nella quale questo Ufficio era investito - per ragioni di competenza territoriale - dal Gip presso il Tribunale di SMCV del procedimento penale che riguardava, tra gli altri, esponenti di un partito politico. Nel corso delle successive investigazioni, da un verso venivano approfonditi e sviluppati alcuni dei temi già presenti, in nuce, nell’investigazione della Procura della Repubblica di SMCV, dall’altro confluivano nel procedimento penale in questione ulteriori e connessi filoni investigativi che, in parte, erano già in corso di trattazione da parte del PM assegnatario dell’indagine.

All’esito delle investigazioni veniva ricostruito il funzionamento di un ramificato sistema di potere e di gestione della cosa pubblica (appalti, assunzioni, nomine e sostituzioni dei vertici amministrativi locali) che - al di là delle rilevanti ricadute sull’efficienza della PA, sulla regolarità delle procedure amministrative e sul corretto impiego del pubblico denaro - si è contraddistinto per improprio utilizzo delle funzioni pubbliche a fini privatistici, con conseguente commistione fra interesse pubblico e interesse personale e/o del partito politico di appartenenza.

Tale sistema - attesa l’esistenza di un vero e proprio programma criminoso stabilmente condiviso da più persone - sotto un profilo tecnico-giuridico è stato ritenuto riconducibile alla fattispecie penale dell’associazione per delinquere.

Il sodalizio ruotava intorno ad alcuni esponenti di vertice del partito politico e ad alcuni professionisti ed imprenditori ad essi collegati.
Finalità dell’organizzazione era l’acquisizione di utilità economiche, di incarichi pubblici, di consenso elettorale, di posizioni di comando, attraverso la commissione di delitti che vanno dalla truffa alla concussione, dall’abuso in atti di Ufficio al falso.

Sono inoltre emersi - e sono in via di ulteriore approfondimento - contatti fra esponenti casertani del sodalizio inquisito e esponenti di livello delle locali organizzazioni criminali, attraverso il quale i primi miravano ad acquisire consenso elettorale e varie altre utilità, i secondi futuri favori.

I fatti accertati sono relativi al triennio 2005-2008.

Un primo filone investigativo si sviluppava intorno alla gestione dell’Agenzia Regionale per l’Ambiente della Campania (ARPAC), struttura pubblica che, nell’esclusivo interesse della collettività, deve garantire ai cittadini campani un efficiente servizio di monitoraggio delle condizioni del territorio campano e del suo eventuale inquinamento, utile a predisporre i necessari interventi a tutela dell’Ambiente.


Le indagini hanno riguardato numerosi profili della gestione di tale Ente e si sono sviluppate in diverse direzioni, riguardando sia i profili dell’assunzione del personale che quelli operativi degli appalti.

In entrambi i casi risultava che, in concreto, l’effettivo organo decisionale dell’Agenzia non era, come per legge, il suo Direttore Generale, ma piuttosto i vertici della struttura di partito cui quest’ultimo apparteneva e di cui lo stesso altro non era che mero terminale.

Il primo profilo di interesse investigativo - quello relativo alla gestione del personale - veniva in rilievo, per la prima volta, nel corso di perquisizioni eseguite presso gli Uffici dell’ARPAC. In particolare, veniva rilevata l’esistenza, all’interno del personal computer in uso alla segretaria del Direttore Generale dell’Ente, di un file contenente centinaia di nominativi: al fianco di numerosi nominativi risultava il nome di un esponente politico o della pubblica amministrazione (alcuni frequentissimi, altri meno, quasi tutti, comunque, per lo più riferibili a persone aderenti al sodalizio e al partito politico in questione).
Si accertava, in seguito, che quell’elenco di nomi corrispondeva, anzi sostanzialmente coincideva, con quello di tutti i soggetti beneficiari di consulenze, di incarichi temporanei affidati, negli ultimi anni, dall’ARPAC, nonché di assunzioni.
E’ significativo evidenziare che, a fronte di migliaia di domande fatte da soggetti non sponsorizzati e rimaste, di fatto, accantonate, i segnalati beneficiati nel triennio erano una percentuale del 90%.
Ciò che tuttavia è stato contestato agli indagati non è la raccomandazione in sé, ma il fatto che, per fare coincidere la vasta schiera dei segnalati con quelle dei beneficiari di consulenze, incarichi ed assunzioni, venivano reiteratamente e sistematicamente violate le procedure amministrative, venivano ignorati i regolamenti interni e le leggi, venivano fraudolentemente posti in evidenza requisiti o circostanze di fatto inesistenti.
In questi casi il fatto diveniva di rilievo penale e consentiva la contestazione di una serie di reati - dall’abuso d’ufficio ai falsi e alle truffe, casi in cui, peraltro, la condotta illecita era esclusivamente finalizzata ad assecondare le richieste dei diversi referenti politici - con riferimento a centinaia di casi di incarichi illecitamente attribuiti e allo stato accertati.
Il panorama emerso con riferimento all’assunzione in pianta stabile di soggetti raccomandati non era dissimile da quella appena evidenziata con riferimento agli incarichi temporanei, precari e alle consulenze.
In conclusione, veniva alla luce un sistema in cui perfino le richieste di “comandi” e “trasferimenti” erano annotate in apposito file nel quale, ancora una volta, al nome del dipendente era affiancato, immancabilmente, quello dello sponsor politico-amministrativo, come se l’essere “amico” di quel personaggio consentisse al dipendente una diversa e più incisiva mobilità sul territorio.
Non può non essere evidenziato il fatto che le indagini in questione, fondate sull’acquisizione e l’attento studio di voluminosi documenti cartacei ed informatici e sull’escussione di persone informate sui fatti, abbiano ricevuto un rilevante impulso dai servizi di intercettazione telefonica. I colloqui intercettati, infatti, forniscono elementi di prova della piena consapevolezza degli illeciti commessi da parte degli indagati e delle vere, illecite, finalità che gli stessi intendevano perseguire con l’attività amministrativa.
Emergeva, dalle conversazioni intercettate, come diversi referenti del partito politico in questione attualmente indagati facessero a gara fra loro per riuscire a “piazzare” i propri raccomandati nell’ARPAC, in modo da acquisire sempre maggiori benemerenze nel sodalizio.
E’ risultato, altresì, che la prassi delle consulenze e degli incarichi intesi come materia di scambio economico/clientelare veniva in rilievo in modo analogo in contesti amministrativi diversi dall’ARPAC ma, comunque, influenzati da persone riconducibili al sodalizio (e, quindi, al medesimo partito).

E così un indagato - che già nel corso di pregresse indagini risultava essere stato utilizzato dal sodalizio come punto di contatto con la Magistratura Amministrativa per inoltrare segnalazioni - subito dopo avere dispiegato per il partito la sua presunta intermediazione con gli Organi di Giustizia amministrativa in una controversia elettorale relativa alle elezioni comunali di Morcone, veniva beneficiato dall’ASL di Benevento (risultata controllata dal medesimo partito che aveva richiesto le segnalazioni al TAR) di consulenza il cui oggetto era del seguente, non chiaro, tenore “ ….implementazione delle procedure, delle attività e delle connesse verifiche – già delineate nell’atto aziendale in aderenza a disposizioni legislative e contrattuali in materia di controlli interni ex DLgs n.286/99, di budgeting e di valutazione dei dirigenti, a supporto dei servizi di staff del direttore generale preposti ad attività specifiche di che trattasi …” .
Dalle indagini, tuttavia, non risultava agli atti dell’ASL di Benevento alcuna documentazione di tale consulenza. Vi era, invece, traccia del pagamento delle parcelle ai consulenti.
Le indagini, in seguito, grazie alla segnalazione di funzionari regionali onesti e coraggiosi, consentivano di accertare una truffa in danno del consorzio di bonifica AURUNCO di Sessa Aurunca (CE) e della Regione Campania per rilevanti importi in relazione a lavori di ristrutturazione della rete di adduzione dell’impianto irriguo di Cellole (CE). Il beneficiario della frode, un congiunto di un esponente di vertice del sodalizio, non solo otteneva fiduciariamente l’incarico professionale di progettazione e direzione dei lavori, in violazione delle normative regolanti le procedure di evidenza pubblica, ma risultava indebitamente beneficiario di parcelle “gonfiate” per circa 1.300.000 euro.

Tornando alle indagini sull’Arpac, va evidenziato il filone relativo agli accertamenti svolti sul fronte dei rapporti fra imprenditori, politici e pubblici amministratori e, dunque, degli appalti pubblici.
In primo luogo da tali indagini risultava che gli imprenditori che ottenevano con particolare frequenza appalti dall’ARPAC non solo avevano rapporti personali e di frequentazione con il DG, o con appartenenti alla medesima area politica e al medesimo sodalizio, ma erano essi stessi dello stesso partito.
Così, ad esempio, l’appalto per la pre-selezione del personale era affidato ad un imprenditore che aveva cariche di rilievo a livello provinciale nell’organizzazione del partito politico in questione. Altri avevano il merito di essere i congiunti dell’imprenditore che aveva costruito l’abitazione privata dei vertici del sodalizio. Da tale momento per costoro scaturiva un’impetuosa carriera imprenditoriale che aveva i suoi sviluppi anche nei rapporti con l’ARPAC con affidamento di appalti. Altri imprenditori, risultati organici al sodalizio, acquistavano da altro indagato - che è risultato essere alto dirigente del partito e amministratore di fatto dell’ARPAC - una quota di una villa in Sardegna nonostante la stessa risultasse sottoposta a sequestro per iniziativa della Corte dei Conti ( causa un credito per danno erariale dell’importo di alcune decine di miliardi ).
Tutti costoro divenivano imprenditori di riferimento dell’ARPAC e ottenevano incarichi ed appalti a getto continuo.

In tale ambito investigativo risultavano, dunque, raccolti elementi di prova in ordine ai reati di turbativa d’asta, abusi d’ufficio, finanziamento illecito al partito, tentativi di truffa aggravata e truffe consumate in danno della Regione Campania, del Comune di Napoli e dell’ARPAC.
In sintesi, appalti e incarichi venivano affidati fiduciariamente - o, comunque, eludendo e disapplicando le normative vigenti in materia di appalti pubblici - a soggetti privi di requisiti di legge ma in qualche modo legati al sodalizio.
E così, attraverso un accordo, che si ritiene fraudolento, fra imprenditori-sodali e amministratori pubblici e attraverso la simulazione di una gara pubblica nella sostanza inesistente, veniva stipulato un accordo preliminare di vendita per l’acquisto della nuova sede napoletana dell’ARPAC, che, con enorme sperpero di denaro pubblico ( circa 20 milioni di euro) avrebbe dovuto insistere su di un suolo da bonificare di cui erano titolari gli imprenditori-amici. Grazie a documentazione compiacente, fornita dagli amministratori amici, gli imprenditori riuscivano ad indurre in errore funzionari del Comune di Napoli che rilasciava, indebitamente, un permesso a costruire a titolo gratuito che consentiva agli imprenditori un indebito risparmio di circa 700.000 euro, connessi all’omesso versamento degli oneri di costruzione ed urbanizzazione. Solo un successivo intervento degli Uffici competenti della Regione Campania riusciva a sventare, attraverso il mancato inoltro dei necessari finanziamenti, la conclusione dell’affare.

Nel corso delle citate attività investigative veniva analogamente evidenziata l’esistenza di gravissime irregolarità nell’aggiudicazione dell’appalto-concorso per la ristrutturazione degli uffici della sede dell’ARPAC di Benevento. Anche questo appalto, come palesato dalle intercettazioni, appariva gestito solo formalmente dai pubblici ufficiali competenti, mentre in concreto vedeva come referente centrale il progettista beneventano che, congiunto dei vertici del partito, prima pilotava l’appalto e poi disponeva a suo piacimento delle varianti in corso d’opera e dei pagamenti dei lavori.

Altra vicenda ha riguardato i rinnovi del contratto per la gestione dei sistemi informatici dell’ARPAC. In sostanza, anziché procedere a regolare gara pubblica, si procedeva a rinnovare illegalmente, di volta in volta, l’appalto medesimo.

Ulteriore settore imprenditoriale che interessava il sodalizio era quello dell’installazione dei sistemi automatici di rilevamento delle infrazioni stradali.
Emergeva che, in un primo tempo, i vertici dell’organizzazione sponsorizzavano, e ottenevano, la nomina di un nuovo comandante della Polizia Municipale di Benevento, orientato all’installazione di siffatti meccanismi. Successivamente questi aggiudicava l’appalto per l’istallazione dei cd fhotored ad una ditta casertana, che, a seguito di accurate indagini, risultava di fatto gestita, e comunque collegata a soggetti legati da rapporti d’affari a strettissimi congiunti dei vertici del sodalizio. In questo caso, grazie alla forte opposizione dell’Assessore competente, la Giunta non ratificava l’operato del Comandante.

Sotto il profilo della ricerca del consenso elettorale inquietanti collegamenti - in via d’approfondimento, ma già indicativi del sistema istauratosi - sono emersi fra un esponente casertano del sodalizio (che nel corso delle elezioni regionali del 2005 ebbe una significativa affermazione elettorale, raccogliendo circa 12.000 preferenze) e il crimine organizzato della medesima zona. Da tali contatti scaturiva (oltre al cospicuo risultato elettorale suddetto) un probabile regalo per un familiare di un esponente del vertice del partito ha ottenuto la disponibilità una costosa Porsche Cayenna reperita dal titolare di autosalone marcianisano attualmente detenuto per il delitto di cui all’art 416 bis cp. legato al sodalizio che aveva sostenuto elettoralmente il partito in questione. In particolare dalle indagini svolte non risultava alcuna traccia del pagamento della vettura.

Tratto caratteristico del sodalizio era poi l’utilizzazione delle posizioni di potere acquisite non solo per ottenere illecitamente i suddetti vantaggi economici e politici, ma anche per procedere ad una sistematica opera di demolizione e boicottaggio dei soggetti che, a vario titolo, contrastavano l’attività dell’organizzazione ovvero, semplicemente, non si prestavano al perseguimento delle finalità indicate dai suoi vertici, non sottostando alle relative perentorie disposizioni.
Dalle indagini è emerso, infatti, che, nella prospettiva del sodalizio, i Pubblici Ufficiali incardinati in strutture pubbliche considerate, usando il gergo degli stessi indagati, “postazioni” del partito avevano l’obbligo di essere fedeli prima al partito stesso e, poi, se e ove possibile, all’interesse pubblico e alla legge.
Se avveniva - come fortunatamente talora è avvenuto - che i Pubblici Ufficiali in questione non sentissero il dovere di assecondare ogni desiderata dell’organizzazione, questi potevano essere oggetto di azioni intimidatorie, di rappresaglie varie che, talora, arrivavano all’aggressione alla vita professionale dell’infedele.
Particolarmente significative, in proposito, vicende del tutto analoghe a quelle che avevano a suo tempo riguardato il Direttore Generale dell’Ospedale Civile Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta.
Venendo ai nuovi casi, si rileva che, oltre alle opportune attività d’intercettazione, le indagini si avvalevano delle dichiarazioni, debitamente riscontrate, di soggetti che, dopo avere subito dal sodalizio pressioni o vessazioni di vario genere, chiamate dall’Autorità Giudiziaria, quasi in modo liberatorio, riferivano quanto a loro conoscenza.
E così risultava che il Direttore Generale del Santobono di Napoli, nominato nel dicembre del 2005 (nella stessa tornata di nomine che aveva riguardato il DG di Caserta ) era contrario a nominare primario del citato Ospedale ( per una precisa articolazione interna ) un medico espressione della sua stessa area politica in quanto ritenuto privo di titoli idonei. Seguivano pressioni sul DG da parte di consiglieri e assessori del partito ( fra cui anche la solita interrogazione in sede di Consiglio Regionale, sottoscritta da buona parte del gruppo consiliare del partito in questione, nella quale, in modo del tutto pretestuoso, si contestava l’operato del DG e si chiedevano chiarimenti all’Assessore alla Sanità della Regione Campania ).

Emergeva, poi, intimidazioni nei confronti di un ex sindaco di Morcone a causa del mancato passaggio nelle file del partito politico in questione (passaggio vanamente richiesto dai vertici di quest’ultimo partito) e della mancata nomina di persona gradita al sodalizio alla Presidenza del locale Ente Fiera. In tale contesto, si induceva un Assessore della Giunta Comunale che svolgeva l’attività di rappresentante farmaceutico a dimettersi dalla Giunta attraverso la minaccia di influire negativamente sulle strutture pubbliche e private che fino a quel momento si servivano della sua attività professionale. Di più, nei confronti del predetto sindaco, risultavano intimidazioni trasversali. Ed, infatti, la moglie dell’esponente politico, professionista già responsabile del servizio di medicina legale dell’ASL beneventana, veniva, all’improvviso, fatta oggetto, dai vertici della stessa ASL di area, di ripetute contestazioni e, più complessivamente, di una vera e propria attività di mobbing, che si concludeva con le sue dimissioni di pubblica ospedaliera di Benevento.

Sempre nell’ambito della medesima ASL maturava una situazione intimidatoria analoga, nella quale soggetto coinvolto il responsabile del Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura.
Dalle indagini svolte risultava che il sodalizio addebitava al predetto sanitario numerose colpe, in primo luogo quella di aver denunciato a suo tempo – offuscando l’immagine della dirigenza di area dell’ASL beneventana - le assai precarie condizioni igienico sanitario in cui versava il reparto da lui gestito.
I contrasti culminavano con l’esautorazione del medico dal suo incarico di primario e dalla conseguente retrocessione dello stesso ad addetto al servizio. Misura - poi rimossa dalla Magistratura del lavoro - che veniva attuata attraverso l’applicazione, che si ritiene strumentale, di una norma regionale che prevedeva la “rotazione” del personale.

Successivamente, dopo la riappacificazione, sorgeva un nuovo contrasto tra vertici del partito e il sanitario, divenuto assessore alla viabilità del Comune di Benevento, proprio in riferimento alla citata vicenda dei cd photored .
A seguito di ciò veniva avviata dai vertici dell’ASL beneventana una nuova strumentale procedura destinata a determinare il licenziamento del De Lorenzo.

Conclusivamente, il fatto che, nonostante il procedimento in corso, il sodalizio abbia continuato ad operare con i soliti metodi hanno indotto questo Ufficio a richiedere ( ed il Gip ad applicare) le misure cautelari di cui si è detto che hanno proprio lo scopo, attraverso l’allontanamento dal territorio in cui si sono verificati i fatti reato contestati, di impedire l’inquinamento delle prove e la reiterazione di analoghe condotte.


Napoli, 21.10.09

Il Procuratore Aggiunto della Repubblica
Francesco Greco