VEDERE PER CREDERE CLICCA QUI

Pagine

sabato 26 settembre 2009

BICENTENARIO TRIBUNALE: IL CONSIGLIERE EMILIA BORGIA RICHIAMA ALL'ORDIMNE SINDACO, GIUNTA E CONSIGLIERI COMUNALI DI SANTA MARIA CAPUA VETERE


Nel Consiglio Comunale del 25/09/2009, in un’Aula Consiliare intitolata al’On.le Alfonso Martucci, eminente ed indimenticabile avvocato del Foro Sammaritano, le Istituzione tutte, eccezion fatta solo per poche unità, hanno perso – ancora una volta – l’occasione di dimostrare coesione e convergenza nel riconoscere l’importanza dell’istituzione del Tribunale di S.Maria C.V. del quale quest’anno corre il bicentenario.
Il Tribunale di S.Maria C.V., istituito nel 1809 da G. Bonaparte, Tribunale quinto in Italia per importanza, fra i primi in Europa per carico di lavoro, non subalterno neanche a quello napoletano per lo spessore dei propri rappresentanti (tra i quali sicuramente brilla il succitato e compianto On.le A. Martucci), viene celebrato quest’anno con un’iniziativa nazionale alla quale sono invitati tutti gli Ordini Forensi d’Italia, nonché il Ministro di Grazia e Giustizia, dott. Angelino Alfano.
Il Consiglio Comunale della Città del Foro (come viene definita la nostra città, verrebbe da rammentare all’intero Consiglio Comunale) si è espresso negando qualsivoglia appoggio economico ritenendolo superfluo se non addirittura inutile.
La decisione del Consiglio Comunale invita ad una riflessione su uno e più argomenti che coinvolgono gli interessi dell’intera collettività, quali, ad esempio, i seguenti:
1) Quale l’importanza viene conferita ad un convegno nazionale che si svolge sul territorio di S.Maria C.V.?;
2) può un convegno nazionale costituire un’occasione per il rilancio della nostra città?
3) Qual’è l’importanza dell’esistenza del Tribunale nella città di S.Maria C.V. ed i benefici sociali ed economici ad esso connessi?
4) La necessità di unitarietà politica e sociale allorquando si discute dell’istituzione di una cittadella giudiziaria sul territorio di S. Maria C.V. e non in cittadine limitrofe.
Ognuno di questi quattro punti meriterebbe ampia discussione, ma – innegabilmente - è impossibile disconoscere una realtà oggettiva.
Partendo, infatti, dall’ultimo argomento in discussione è il caso di sottolineare che vi sono sempre stati, e vi sono ancora, forti tentativi e fortissime pressioni, anche politiche per localizzare il Tribunale al di fuori di S.Maria C.V., mentre il presente convegno è teso alla discussione ed alla realizzazione concreta, non di una sede di Tribunale, ma di una Cittadella Giudiziaria sul nostro territorio. Investimento che prevede inizialmente anche un investimento pubblico di venti milioni di euro circa.
Ciò posto ad ogni cittadino sammaritano e ai rappresentanti dei sammaritani che siedono nel Consesso Comunale ed a coloro che si fregiano anche di titoli accademici viene da chiedere: esiste un progetto sul territorio di S.Maria C.V. che è capace di interessare l’intera provincia di Caserta (il Tribunale ha competenza provinciale), capace di attirare finanziamenti pubblici di tale entità (nell’immediato sono previsti almeno venti milioni di euro), in grado di sviluppare un indotto di rilevanza certa e, soprattutto, di qualificare il territorio in termini di importanza?
Lascia sconvolti anche una riflessione sulle scelte strettamente politiche circa l’utilizzo concreto dei fondi pubblici: perché utilizzare il pubblico denaro in tanti rivoli volti a foraggiare interessi così limitati e di basso profilo quando invece viene offerta, e sottolineo offerta, l’occasione di potersi proiettare in una dimensione nazionale?
E’ scoraggiante dover prendere atto della assoluta miopia di quanti non hanno voluto sostenere un convegno nazionale in S.Maria C.V. cui partecipano anche massime istituzioni statali, soprattutto perché tale decisione non è motivata dalla necessità di impegnare le risorse in progetti che possano essere ritenuti quantomeno di eguale importanza.
A tutti quelli che chiudono gli occhi di fronte alle possibilità di rilancio della cittadina sammaritana vorrei chiedere un esame di coscienza sul loro operato e soprattutto, all’esito, l’umiltà di chiedere scusa per quanto da loro fatto, soprattutto se essi si fregiano del titolo di avvocati e di professori.